Che il malato debba essere paziente è un dato di fatto. Ma se il fatto supera il limite, allora anche la pazienza può venire meno. Quella di unanziana signora milanese si è sciolta causa afa, dentro lo studio del suo medico di base. Aveva bisogno di una semplice ricetta la paziente, ma per averla, ha dovuto aspettare tre ore e mezzo. Indignata, ha gridato vendetta e si è rivolta al Codacons per chiedere i danni al Servizio Sanitario. «Una causa pilota - giurano dallassociazione dei consumatori - perché siamo certi che sul suo esempio ne arriveranno altre e prepareremo una class action».
Invocano riserbo gli avvocati, ma è certo che questa mattina depositeranno lesposto alla Procura della Repubblica. Obiettivo: laccertamento dellesistenza di profili penalmente rilevanti. Ecco quelli che sono trapelati. Il primo: interruzione di pubblico servizio del medico. Il secondo: omissione di vigilanza da parte dellAsl, che prima di replicare, preferisce aspettare la notifica dellesposto. I controlli commissionati da Corso Italia 19 avvengono in modo incrociato: ci sono quelli formali per verificare il rapporto tra il numero degli iscritti e le ore di prestazione (cinque ore settimanali fino a 500 assistiti, 10 ore da 500 a mille e 15 da mille a mille e 500) e quelli di routine sulle strutture e lorganizzazione, che si ripetono circa una volta ogni due-tre anni, oppure allimprovviso, subito dopo ogni segnalazione.
«Questo è un caso eccezionale», giura Fiorenzo Corti, segretario della Federazione dei medici di medicina generale (Fimmg Lombardia). Ma dal Codacons rilanciano: «In generale i medici di base lavorano troppo poco, la Regione deve stabilire nuove regole e farle rispettare».
E ancora: dallassociazione dei consumatori contestano gli orari ridotti e la mancata osservazione delle fasce orarie. «Accuse assurde - ribatte Carlo Roberto Rossi, presidente dello Snami Lombardia - : basta entrare in qualsiasi studio della città per rendersi conto che tutti i medici sono sempre oberati di lavoro». La ricetta da prescrivere alla categoria la suggerisce Corti: «Basterebbe poter contare su più personale di studio». Come segretarie «che aiutino a snellire le attese per le ricette» e infermieri «che diano una mano concreta ai dottori». Che però - questi assistenti - se li devono pagare da soli, «perché la Regione non versa i contributi (rispettivamente 3,5 e 4 euro per ogni paziente) a quei medici che hanno assunto personale a partire dal luglio 2007». Una situazione, che Corti si augura di risolvere presto in un incontro con i vertici del Pirellone.
Un problema dietro laltro. «Il vero ostacolo è la burocrazia - spiega Rossi - : è per questo che siamo costretti a far aspettare i nostri pazienti».
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