Tre ore di battibecchi e parapiglia Ma il clima è quello dell’ultima spiaggia

No, no, no. E tanto per non smentirsi, come fronte della negazione, no anche ai giornalisti. Sì all’informazione, dunque, ma solo se pilotata. «Vi daremo poi un comunicato - la fragile tesi -. Andate via, non è aria». Anzi, aggiunge un secondo, «sopra siamo in tanti e non c’è proprio aria: potreste soffocare, non siete neppure assicurati». Ma proprio in quel mentre alcune hostess irreprensibili, mamme irresponsabili, si stanno facendo largo nella calca ed entrano con le loro carrozzine cariche di bebè. «Quest’assemblea è come un consiglio d’amministrazione, mica lì provate a entrarci...», sfida un sindacalista, scostandosi per far passare il bebè. «È casa nostra e ce famo entrà chi ce pare», taglia corto una testa rapata che ha il piglio da ultrà da stadio, più che da steward.
Non c’è bisogno d’essere additati e spintonati, per capire l’aria che tira nella mensa di Fiumicino, proprio accanto a un hangar sibilante che tende a perforare la mente. Qui regna la diffidenza che si è fatta reciproca, e in tre ore di battibecchi e parapiglia si consuma l’assemblea convocata dalle cinque sigle sindacali di piloti, hostess e personale di terra. Una ventina di minuti sono bastati per riempire la sala di circa un migliaio di dipendenti: gente che rischia di perdere il posto, e la cosa non fa piacere a nessuno. Ma, in chi vive il dramma, la comprensibile amarezza e la preoccupazione, persino la rabbia, sembrano aver lasciato il posto a uno stato emotivo che precipita verso l’inquietudine irresponsabile, verso il gesto esemplare che magari faccia parlare di sé su Youtube. Le frasi che risuonano nella sala hanno lo stesso sapore da ultima spiaggia, del non abbiamo più nulla da perdere. «Non dobbiamo farli passare, mandiamoli a c...», conclude un delegato di base, gli applausi lo sommergono.
Sono gli «irriducibili», quelli che premono per l’immediato blocco del traffico aereo, le cui uniche differenze interne starebbero tra gli «incavolati» e gli «incavolati neri». Eppure le differenze con battaglie sindacali del passato, anche più dure, si coglie da qualche sfumatura. Mai era accaduto, per esempio, di udire l’intervento introduttivo interrompersi per l’annuncio di un’auto da spostare, un’«Audi 3000 turbodiesel», e la circostanza suscita più frizzi e lazzi che disapprovazione. Quasi un segno dei tempi.
A metà assemblea c’è un accenno di rissa, nonostante la presenza dei bebè, ma viene subito sedato.

Poi è la volta di Massimo Muccioli, presidente dell’Anpav, il cui intervento viene subissato dalle urla: «Buffone, buffone!», fino a che Muccioli non va via. Parlerà di «assemblea pilotata» e «agguato organizzato in maniera scientifica»: gli si doveva far scontare il primo «sì» all’accordo di settembre.

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