Il 40% degli adolescenti maschi italiani giocano ai videogame da un'ora a tre ore al giorno, mentre le femmine sono il 12%. Lo rivela un'indagine nazionale del «Centro studi minori e media», presentata durante un convegno che si è tenuto nell'Aula Magna dell'Università di Firenze, «Crescita in videogioco», organizzato in collaborazione con l'Università di Firenze, RaiSat Ragazzi, Gt Ragazzi, Rai Tre, Mediaset, Ordine dei giornalisti della Toscana e Confconsumatori. La ricerca, che ha interessato oltre 2000 studenti di scuole medie e superiori, ha analizzato la diffusione e l'uso dei videogiochi fra gli adolescenti ed è la prima del genere in Italia. Tra i dati più significativi emerge che il 12% dei maschi ne fa uso più di tre volte al giorno e predilige quelli sul combattimento, seguiti da avventura e sport.
Uno su due dichiara di giocare da solo, mentre il 15% con il padre e il 37% con amici. Quasi il 10%, poi, ha incontrato persone conosciute giocando online. I maschi quindi, giocano molto più delle femmine e la fascia intermedia tra i 14 e 15 anni è quella più appassionata di videogame con percentuali più alte rispetto ai più piccoli (dagli 11 ai 13) e anche ai più grandi. Per quanto riguarda la dipendenza, quasi la metà degli intervistati ritiene che si diventi dipendenti solo giocando più di 6 ore al giorno, ma ben uno su tre dichiara di pensarci spesso durante il corso della giornata. «Mi isolo dal mondo»; «quando gioco ho una faccia da combattimento» e «stacco il cervello», sono invece le risposte più gettonate alla domanda: «cosa provi mentre giochi?». «Il videogioco non va demonizzato - spiega Franco Cambi dell'Università di Firenze - ma reclama una complessa vigilanza pedagogica a tutto campo. I videogames, infatti, possono anche fare bene ma se si integrano con il gioco libero e quello all'aperto». Sul mercato è stato recentemente lanciato anche un videogioco umanitario. Si tratta di Foodforce: attraverso il completamento di varie missioni, il giocatore scopre cosa significa fare l'operatore umanitario e quali difficoltà affronta. Ma in generale, è necessario fare attenzione, in quanto «si pensa che i videogiochi - dice Roberto Genovesi rappresentante per l'Italia dell'Advisory Board Pegi - a causa della componente ludica della parola siano prodotti per i bambini.
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