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Le tre scelte di Berlusconi: governo, opposizione o urne

Le opzioni sul tavolo del Pdl, la decisione a marzo. Il peso del nuovo aut aut di Bossi

Le tre scelte di Berlusconi:  governo, opposizione o urne

Lunedì sera, nel faccia a faccia con Bossi, Berlusconi sembrava quasi non avere dubbi. E più volte si è detto d’accordo con il Senatùr, convinto che si debba staccare la spina al governo Monti. Un Cavaliere, quello che si è trovato davanti il leader della Lega, decisamente meno prudente delle ultime settimane, quando in diverse riunioni ha predicato cautela e invitato i più critici verso l’esecutivo ad «aspettare i prossimi mesi». Un cambio di approccio certamente dettato anche dall’interlocutore, visto che l’ex premier ci tiene a mantenere saldo l’asse con un Carroccio che continua a tenere alta la tensione tanto che ieri Bossi è tornato a ripetere il suo «aut aut» (o salta Monti o salta Formigoni). Ma non solo, se è vero che gli ultimi sondaggi arrivati ad Arcore descrivono un elettorato del Pdl sempre più insofferente verso il governo.

Ecco perché il tema di quale debba essere la strategia da adottare rispetto all’esecutivo si fa sempre più stringente. Se ne parla da tempo nelle riunioni a via dell’Umiltà. E di certo sarà affrontato anche stasera, in un vertice in programma a via del Plebiscito. Con tre opzioni sul tavolo.

Dato per scontato che le settimane a venire saranno ancora di riflessione («nei prossimi mesi tireremo le somme», spiegava qualche giorno fa Cicchitto), a marzo si dovrà fare il punto perché - di fatto - è allora che inizia a chiudersi la finestra temporale per tornare al voto prima dell’estate. Scavallata quella si tira dritti fino al 2013. Con il rischio concreto che il Pdl non sia in grado di reggere l’urto, visto che già dopo neanche due mesi il difficile equilibrio tra il sostegno parlamentare al governo e le misure prese dall’esecutivo sta mettendo in crisi il partito. D’altra parte - spiega Corsaro - le liberalizzazioni «hanno colpito solo le categorie che rappresentano la base del nostro elettorato». Mentre la riforma dell’articolo 18 è «stata rinviata» per non dare fastidio al Pd. Insomma, «così non si va avanti». E a pensarlo non sono solo i cosiddetti «falchi», visto che il fronte dei perplessi si è notevolmente allargato se perfino uno sempre prudente e misurato come Fitto ammette che il problema esiste.

E tre sono le possibili soluzioni di cui si parla nelle riunioni di questi giorni. La prima: staccare davvero la spina - ma bisognerà vedere anche l’evolversi della crisi - e tornare alle urne nonostante il rischio serissimo di uscire sconfitti. «Si va all’opposizione ma si salva il Pdl», spiega un dirigente di via dell’Umiltà. La seconda: continuare a sostenere Monti, ma pretendere di entrare nell’esecutivo. Perché almeno i «costi» sarebbero mitigati dal «ricoprire ruoli da cui è più facile interagire» e «non ci troveremo ad approvare cose scritte da altri». La terza: non staccare la spina ma, prima dell’estate, passare all’opposizione in modo da avere le mani libere in vista delle elezioni.

Una scelta che sarebbe destinata a spaccare il Pdl, visto che almeno una quarantina di deputati continuerebbero a sostenere Monti.

«Ma almeno - chiosa lo stesso dirigente di cui sopra - non avremo problemi a fare le prossime liste elettorali».

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