Da che mondo è mondo la differenza in politica non la fanno gli obiettivi ma gli strumenti. Tutti, infatti, vogliono la ripresa economica, il risanamento dei conti pubblici, la giustizia sociale, la pace e via di questo passo. Se non si indica, però, il come raggiungere gli obiettivi enunciati, il tutto rischia di scivolare solo nella demagogia. E questo non è utile per il Paese. Ci spiace per il ministro dell'Economia Tommaso Padoa Schioppa, ma se prima di verificare lo stato vero dei conti pubblici, che lui stesso ha detto non ancora concluso, si lancia nella descrizione di presunti disastri della finanza pubblica, il segnale che si manda ai mercati finanziari è inequivocabile ed è quello di abbassare il rating del debito pubblico italiano. In parole povere è un invito ad aumentare i rendimenti sui 50 miliardi e passa di nuovi titoli di Stato annualmente collocati.
Può darsi che noi siamo condizionati da un passato che non abbiamo mai dimenticato, ma il tutto ci ricorda quella perversa tesi del vincolo esterno che nel 1990 trovò ampia accoglienza nella Banca d'Italia di Carlo Azeglio Ciampi e nella direzione generale del Tesoro assunta proprio in quei mesi dal professor Mario Draghi. Quella tesi immaginava che se i mercati finanziari ci avessero stretto la gola con il rialzo dei tassi d'interesse, il Parlamento ed il governo sarebbero stati costretti a intraprendere un ciclo virtuoso nel risanamento dei conti pubblici. È inutile sottolineare che quella tesi procurava effetti esattamente contrari perché il rialzo dei tassi scaricava sul bilancio dello Stato un forte aumento della spesa per interessi e conseguentemente tutto faceva tranne che contribuire al risanamento dei conti pubblici. A quella tesi, però, era velenosamente collegato un altro obiettivo. La immediata messa in vendita del grande patrimonio dello Stato sotto l'affanno di un peggioramento dei conti pubblici e dopo essere passato per una svalutazione della lira che per le modalità con le quali si realizzò fece guadagnare circa 9000 miliardi esentasse ai soliti noti in pochi giorni.
Se ricordiamo un lontano passato non è per accendere altre inutili polemiche perché il Paese ha bisogno di guardare avanti. Ma va anche detto subito al nuovo governo che, ove mai fosse vera la nostra malizia, quel gioco è scoperto. Certo non si potrà, grazie a Dio, avere una nuova svalutazione ma la tentazione di rilanciare il processo di colonizzazione avviatosi negli anni Novanta con la vendita di ciò che ci resta nell'economia reale sarà grande. D'altro canto se gli esponenti del centrosinistra e gli stessi ministri finanziari ci dicono che: a) vogliono rilanciare la crescita; b) non vogliono aumentare le tasse e che anzi le vogliono diminuire sul costo del lavoro; c) che siamo dinanzi ad un disastro finanziario, è segno che dicono qualche bugia perché le tre cose insieme non si tengono. E quella «voce dal sen fuggita» a Vincenzo Visco sull'annuncio di nuove tasse e le immediate rampogne di tutto il centrosinistra, la dice lunga sulla confusione che sembra emergere in queste prime settimane di governo.
Inoltre sembra davvero strano che questa predica sul presunto disastro finanziario venga da quel pulpito che consegnò nel 2001 un bilancio dello Stato con un rapporto deficit/Pil all'1,8% e che si dimostrò, sulla base dei dati della commissione europea, essere in verità del 3,2%. Ma non è finita. Da tempo diciamo che i due terzi della spesa corrente primaria viene gestita ed erogata dalle Regioni, dalle Province e dai Comuni nei quali si rincorrono crescenti debiti sanitari e altrettante impennate di spese per feste, notti bianche e quant'altro non è strettamente necessario in tempi di magra come questi. Anche qui non è polemica se ricordiamo che il 70% degli enti locali è governato dal centrosinistra. È di ieri, infatti, la notizia riportata da tutta la stampa nazionale che Antonio Bassolino ha emesso sulla piazza di Londra un bond regionale di 3 miliardi di euro contrabbandandolo per attrazione dei capitali internazionali mentre, in realtà, altro non è che un ulteriore debito per la sua Regione già finanziariamente disastrata in un momento in cui il governo, peraltro, spiega che la finanza pubblica fa acqua da tutte le parti. Contraddizioni davvero tragicomiche.
Noi non nascondiamo che il passaggio al ministero del Tesoro di Domenico Siniscalco nel 2004 qualche guaio ulteriore lo abbia potuto anche causare, ma saremo nell'ordine di qualche decimale in più del deficit che non può certo far gridare al disastro così come non ci si può accontentare di una crescita dell'1,2% se si vuole veramente innescare la ripresa economica e conseguentemente il risanamento dei conti pubblici. Noi restiamo dell'avviso che il bilancio pubblico non abbia le risorse per finanziare lo sviluppo e che solo un grande spin-off immobiliare può dare un gettito transitorio ma sufficiente alla famosa scossa per la nostra economia.
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