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Tregua finita a Gaza, Israele fa strage di terroristi

Abbas incolpa gli estremisti per l’eccidio di Jabaliya

Gian Micalessin

da Gaza

All’alba incursioni aeree, missili e bombe su Gaza. Prima e dopo quei raid una trentina di missili Qassam che feriscono cinque israeliani e colpiscono cittadine, kibbutz e basi militari intorno alla Striscia. Nel pomeriggio e in serata il ritorno in azione degli elicotteri Apache, i cadaveri dilaniati di quattro, forse cinque, fondamentalisti accanto ai rottami della loro automobile centrata dai missili anticarro.
Chi s’illudeva che bastasse il ritiro per riportare un po’ di pace e tranquillità nel tormentato scenario della Striscia di Gaza deve ricredersi. I giorni cupi sono tornati. E il peggio, forse, deve ancora venire.
Nella riunione del Consiglio di Sicurezza di ieri sera, il premier Ariel Sharon e i suoi ministri più importanti, lo stato maggiore guidato dal generale Dan Halutz e i responsabili dei servizi di sicurezza con in testa il capo dello Shin Bet, Yuval Diskin, hanno già messo a punto la risposta. E non sarà una passeggiata. Il ministro della Difesa ha anticipato «una reazione schiacciante». A preannunciarla contribuiscono i cadaveri straziati dei quattro militanti di Hamas inceneriti da un missile nel cuore di Gaza City ieri pomeriggio e i cinque obici posizionati intorno al perimetro della Striscia. Israele fino ad oggi non ha mai fatto ricorso ai cannoni, neanche nei momenti più duri. La loro imprecisione e il rischio di devastanti perdite collaterali tra i civili ha sempre dissuaso i generali dall’utilizzarli. Ora quei cannoni potrebbero essere il segnale di un mutato atteggiamento. Non più quello di una nazione occupante, ma quello di uno Stato confinante minacciato dai palestinesi di Gaza e pronto a reagire senza più vincoli o remore. Ma potrebbe anche trattarsi di guerra psicologica o di semplice propaganda interna, indispensabile al primo ministro Ariel Sharon per difendersi, sul fronte politico, dagli attacchi di chi come Bibì Netanyahu lo accusa di aver lasciato Gaza in mano ai terroristi.
Si incomincia con un’incursione aerea che sveglia Gaza poco prima dell’alba. Dall’altra parte delle recinzioni, nei territori israeliani, la notte di Shabbat è stata una notte di paura. Una notte tormentata dall’incubo dei missili Qassam caduti su Sderot e sulle altre cittadine israeliane intorno alla Striscia. Gli F16 mandati a colpire un campo utilizzato come piazzola di lancio e tre officine clandestine per la preparazione dei missili sono forse un po’ sopra le righe. Ma servono a trasmettere un segnale di determinazione al nemico.
Hamas invece fa orecchi da mercante e alza il tiro. Per Hamas il lancio di missili Qassam è la risposta alla strage di venerdì nel campo di Jabalya. In quel campo profughi, roccaforte degli irriducibili, l’esplosione di un camion dell’organizzazione fondamentalista durante una parata ha fatto 16 morti e una cinquantina di feriti. Ma l’ipotesi di una responsabilità israeliana è stata smentita dagli stessi testimoni, mentre il presidente dell’Anp, Mahmoud Abbas, accusa di «irresponsabilità» l’organizzazione armata.
Dunque Hamas sembra voler soltanto alzare il tiro, dimostrare di esser pronto a continuare le ostilità anche dopo il ritiro. Così in poche ore 21 missili colpiscono la cittadina di Sderot ferendo, per fortuna in maniera non grave, cinque israeliani. Le Brigate Ezzedin Al Qassam ordinano intanto di «colpire il nemico in ogni angolo della terra occupata».
Ma il colpo più duro lo impartisce Israele. Nel tardo pomeriggio di ieri due auto di Hamas ciascuna con a bordo due militanti e un carico di armi attraversano il quartiere di Zeitoun, non lontano dal centro di Gaza. All’improvviso tre missili le centrano trasformandole in carcasse carbonizzate. I quattro uomini di Hamas a bordo muoiono sul colpo e nove passanti restano feriti. «Continueremo ad agire con determinazione – annuncia un comunicato dell’esercito - per difendere i cittadini d’Israele».

E da oggi forse si ricomincia.

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