Tremonti in affanno sulle tasse per il pressing Berlusconi-Bossi

RomaI banchi del governo nell’Aula di Palazzo Madama registrano il tutto esaurito quando Silvio Berlusconi si alza per iniziare a leggere il suo intervento. Tanto che il ritardatario Ignazio La Russa decide di dirottare su uno degli scranni del Senato rimasto libero. Eppure, proprio alla sinistra del Cavaliere, c’è una sedia vuota. E tale resterà per tutti e trentaquattro minuti in cui il Cavaliere parla. Il posto, la butta lì qualche maligno, di Giulio Tremonti. Che si farà vedere in Senato solo durante le repliche dell’opposizione e che pare non abbia troppo gradito i toni dell’intervento di Berlusconi. Troppo tranchant, secondo il titolare di via XX Settembre, sulla riforma fiscale. Nei modi (tre sole aliquote più basse, un sistema di detrazioni e deduzioni più «snello e trasparente» e in tutto cinque imposte raggruppando le attuali) e nei tempi (la delega per la riforma sarà - dice il premier - presentata in Parlamento prima della pausa estiva). Un Tremonti, raccontano, che difficilmente avrà poi gradito l’uscita di Umberto Bossi che torna a chiedere «le ganasce per Equitalia perché ci sequestra le case e i trattori». Un’insistenza, secondo più di un ministro del Pdl, da non sottovalutare e che potrebbe nascondere un allontanamento della Lega dal superministro dell’Economia. Una lettura che farebbe il paio con l’ormai imminente passaggio di consegne alla presidenza del gruppo della Camera del Carroccio tra l’uscente Marco Reguzzoni e Giacomo Stucchi, vicinissimo a un Roberto Maroni che di questi tempi con Tremonti non sembra prendersi troppo.
Se Bossi affonda i colpi, Berlusconi pare intenzionato a tirare per la sua strada. E in Senato porta un discorso decisamente vistato dalle cosiddette «colombe» tanto che nonostante la valanga di intercettazioni sulla P4 già sui giornali il Cavaliere non fa un accenno che sia uno alla magistratura. Neanche avesse fatto un fioretto, convinto com’è che nei prossimi giorni ci sarà uno stillicidio di rivelazioni. Solo alla Camera si avvicina ad Alfonso Papa (il deputato coinvolto nell’inchiesta Bisignani) e gli stringe la mano quasi a volergli mostrare solidarietà. Nonostante le «colombe», però, pare che Tremonti non abbia gradito. Anche perché l’intervento del Cavaliere è il risultato della lunga riunione andata avanti lunedì fino alle tre di notte a Palazzo Grazioli. Presenti Angelino Alfano, Franco Frattini, Renato Brunetta, Gianni Letta, i tre coordinatori Denis Verdini, Ignazio La Russa e Sandro Bondi e i capigruppo del Pdl Fabrizio Cicchitto, Maurizio Gasparri, Massimo Corsaro e Gaetano Quagliariello. Inutile dire chi mancava. E se con ogni probabilità il passaggio sul Piano per il Sud è il risultato di quanto elaborato in queste settimane da Raffaele Fitto, è piuttosto scontato che la parte sulla riforma fiscale sia stata rivista da Brunetta.
Insomma, se la maggioranza si ricompatta intorno al 317 ottenuto sul voto di fiducia qualche frizione sembra registrarsi dalle parti di via XX Settembre. Con un’altra partita che resta in sospeso. Se Tremonti insiste per la nomina di Vittorio Grilli a governatore della Banca d’Italia, Berlusconi - confortato anche da Letta - punterebbe su Fabrizio Saccomanni, una soluzione interna a via Nazionale, gradita a Mario Draghi e anche al Quirinale.
Si vedrà. Di certo è che il rincorrersi serale dei rumors su nuove incomprensioni tra Berlusconi e Tremonti ha come primo effetto quello di una nota ufficiale di Palazzo Chigi.

Che getta preventivamente acqua sul fuoco e assicura che tra presidente del Consiglio e ministro dell’Economia c’è «piena identità di vedute». Soprattutto sulla vicenda Bankitalia. «Contrariamente a quanto asseriscono voci prive di fondamento nell’ambiente giornalistico - si legge nella nota - tra i due non c’è stata alcuna discussione».

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica