Tremonti: "Il centrodestra riparte dalla sfida di Verona"

Intervista all’esponente di Fi sui risvolti politici dell’incontro tra il Berlusconi e Bossi. "Ogni spettro di divisione nella Cdl è dissipato, l’opposizione c’è". L’ex ministro azzurro: "L’accordo raggiunto sulla città veneta ha valore nazionale. E il Cavaliere ha avuto un ruolo decisivo". "Il premier assomiglia a un commissario Ue"

Tremonti: "Il centrodestra riparte dalla sfida di Verona"

A Giulio Tremonti non puoi chiedere l’ora aspettando che risponda «le sei e mezzo». Ti parlerà dell’orologiaio inglese che inventò il cronometro, tanto da poter calcolare la longitudine ad uso delle navi di Sua Maestà. È dunque con un po’ di esitazione che gli chiediamo: ci parla un po’ del caso Verona, di Bossi e Prodi, di Bossi e Berlusconi, del Centrodestra?
«Ha presente la “colomba di Kant”? Per la verità - risponde il vicepresidente della Camera e vicepresidente di Forza Italia - non ce l’ho sempre presente neppure io, non è che uno va a letto o incampagna con Kant sottobraccio. Ma la colomba è un’immagine che rende l’idea. Per volare, la colomba di Kant ha bisogno di una “atmosfera” che ne sostenga il battito d’ali. La colomba non vola nel vuoto. È lo stesso in politica: la politica si stacca dal suolo solo se c’è l’atmosfera che lo permette».
Provo a interpretare le sue parole: lei vuol dire che per la politica italiana questo è un momento di bassa pressione atmosferica?
«Questo è un momento in cui l’atmosfera politica è tendente al vuoto, nel quale è piuttosto difficile volare. L’effetto- vuoto comincia dal governo. In effetti, negli ultimi dieci anni, il sistema politico è stato fortemente caratterizzato dalla costante crescita di ruolo della “istituzione governo”. Facciamo un test empirico, un confronto “Prodi su Prodi”. Guardiamo al Prodi dello scorso anno, alla campagna elettorale, alle dichiarazioni programmatiche in Parlamento, e ancora al Prodi di Caserta: imitava la colomba, non battendo le ali ma accompagnando con gesti deterministici - mani parallele, quasi a indicare una strada - le sue affermazioni volitive del tipo “io decido”, “io faccio”. Adesso, il vuoto comincia dal governo. Guardiamo il Prodi di oggi e notiamo non un’evoluzione della specie,ma una mutazione genetica: pensava di essere (o voleva che gli altri pensassero che fosse) un primo ministro, e oggi assomiglia a un commissario europeo. Vede gente, apre dossier, allarga i temi senza approfondirli, non incide, non determina la realtà del Paese, non comanda neppure all’interno della sua coalizione. Questo è lo scenario».
In questo vacuum, però, si muovono egualmente uomini e cose, da una parte e dall’altra del mondo politico: forse non in una precisa direzione, m asi muovono.
«Se il governo si agita in un vacuum, è difficile fare l’opposizione. La stessa parola op-posizione presuppone che ci sia una posizione. Pensiamo a una partita di tennis o di ping pong: provi a giocare con uno bravo, anche lei giocherà bene; giochi con un principiante, e i suoi colpi saranno scadenti. Tutto ciò non è una giustificazione, non libera l’opposizione dall’onere democratico dell’essere tale, efficace e forte. È quello che cerchiamo di fare in Parlamento ogni giorno. L’opposizione, in Parlamento, c’è».
Anche l’Udc e il suo leader ci sono? Sembra che in certi casi, l’opposizione di Casini non sia così forte ed efficace.
«Mi permetta di far notare che è il contrario. Le questioni dialettiche ci sono non perché l’Udc sia fuori dalla nostra area di campo, ma proprio perché è nella nostra area di campo ».
Anche nella giornata di giovedì, quarantott’ore fa, ci sono stati avvenimenti politici bisognosi di interpretazione: l’incontro Prodi-Bossi, il caso Verona.
«Le circostanze di tempo e di luogo hanno impedito la valutazione precisa del valore politico di quanto è successo a Verona. In realtà, il fatto politico rilevante dell’altro ieri non è l’incontro Prodi-Bossi (che si è concluso con vaghe formule sulla legge elettorale, che sarebbero più solide se Prodi avesse una maggioranza parlamentare), ma l’incontro Bossi-Berlusconi, che non per caso ma pour cause ha seguito il primo».
Anni fa, fu lo stesso Roberto Maroni ad essere protagonista di sondaggi da una parte politica e dall’altra, alla ricerca dell’alleanza più conveniente.
«La storia non si ripete. È un fatto che l’ultimo incontro tra Bossi e Berlusconi sia stato estremamente positivo e costruttivo, tanto sul piano locale quanto su quello nazionale. Verona avrebbe potuto rappresentare un infortunio per il centrodestra, il principio della divisione. È stato ottenuto l’opposto, ed è la prova che con la buona volontà si può costruire. E il ruolo del presidente Berlusconi è stato decisivo. Il valore di Verona, in ogni caso, non è limitato alla città, pur importante: il valore è nazionale. Verona è importante per la Lega, ma è ancora più importante per noi».
E allora, caso Verona a parte, dove va la Lega?
«La mia riflessione si basa su due punti. Primo punto: la lega è un partito, un movimento leaderistico. Il leader è stato, è, e sarà Umberto Bossi. Secondo punto: se negli anni Novanta si poteva immaginare una qualche tendenza della Lega a sinistra, o una qualche composizione della sinistra con la Lega, nel tempo presente tenderei ad escluderlo ».
Eppure Massimo D’Alema definì la Lega «costola della sinistra».
«La Lega è un fenomeno politico estremamente ricco e complesso, che certamente non si identifica né con la destra, né con la sinistra. Ma lo scenario politico, rispetto agli anni Novanta, è radicalmente cambiato. E non è cambiata la Lega: è cambiata la sinistra. Se posso aggiungere una ulteriore riflessione, non solo negli ultimi dieci anni c’è stato un progressivo incremento della rilevanza dell’ istituzione governo; ma si è registrata una ideologizzazione crescente della sinistra, da quella degli anni Novanta fino all’attuale. I governi di centrosinistra degli anni Novanta erano molto meno ideologici del governo Prodi. Questo deriva anche dalla mutazione dei problemi. Negli anni Novanta i temi dell’immigrazione, della vita e della famiglia erano meno pressanti. La stessa politica fiscale ha avuto quest’anno una radicalizzazione, arrivando al giacobinismo. Tanto è forte il furore fiscale di adesso, che la pressione è cresciuta anche nei confronti della parte sbagliata: la povera gente. Se questo è il nuovo contesto, mi pare molto difficile che la sinistra possa stabilire alleanze con la Lega».
Qualcuno forse ci prova, o almeno esplora...
«Roberto Maroni è un politico intelligente, e conosce i termini della questione. La politica che si poteva fare negli anni Novanta, ora non è più possibile. Non solo perché il Nord è a destra, ma anche perché la Lega si ritrova sul fronte opposto alla sinistra rispetto ai grandi temi dell’immigrazione, della vita, della famiglia, della tassazione». Prodi ha promesso al Carroccio passi avanti sul federalismo fiscale. È un tema fondamentale per la Lega.
«Non credo che gli sforzi di questo governo nello spostamento del potere fiscale sul territorio possano andare più in là delle addizionali, dell’Ici, delle super rendite catastali.

Chi ha fatto l’ultima legge finanziaria è screditato alla radice, a priori, per ogni tipo di riforma reale. La fiducia è una cosa seria, e non la si sostituisce con scelte tattiche di opportunismo politico, non basate sulla convinzione ideale, ma solo sul calcolo del tirare a campare».

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