A Giulio Tremonti non puoi chiedere l’ora
aspettando che risponda «le sei e mezzo».
Ti parlerà dell’orologiaio inglese che inventò
il cronometro, tanto da poter calcolare la longitudine
ad uso delle navi di Sua Maestà. È dunque
con un po’ di esitazione che gli chiediamo:
ci parla un po’ del caso Verona, di Bossi e Prodi,
di Bossi e Berlusconi, del Centrodestra?
«Ha presente la “colomba
di Kant”? Per la verità - risponde
il vicepresidente della
Camera e vicepresidente
di Forza Italia - non ce l’ho
sempre presente neppure
io, non è che uno va a letto o
incampagna con Kant sottobraccio.
Ma la colomba è
un’immagine che rende
l’idea. Per volare, la colomba
di Kant ha bisogno di
una “atmosfera” che ne sostenga
il battito d’ali. La colomba
non vola nel vuoto. È
lo stesso in politica: la politica
si stacca dal suolo solo se
c’è l’atmosfera che lo permette».
Provo a interpretare le
sue parole: lei vuol dire
che per la politica italiana
questo è un momento
di bassa
pressione atmosferica?
«Questo è un momento
in cui l’atmosfera
politica è tendente
al vuoto, nel
quale è piuttosto difficile
volare. L’effetto-
vuoto comincia
dal governo. In effetti,
negli ultimi dieci anni, il
sistema politico è stato fortemente
caratterizzato dalla
costante crescita di ruolo
della “istituzione governo”.
Facciamo un test empirico,
un confronto “Prodi
su Prodi”. Guardiamo al
Prodi dello scorso anno, alla
campagna elettorale, alle
dichiarazioni programmatiche
in Parlamento, e
ancora al Prodi di Caserta:
imitava la colomba, non
battendo le ali ma accompagnando
con gesti deterministici
- mani parallele,
quasi a indicare una strada
- le sue affermazioni volitive
del tipo “io decido”,
“io faccio”. Adesso, il vuoto
comincia dal governo.
Guardiamo il Prodi di oggi
e notiamo non un’evoluzione
della specie,ma una mutazione
genetica: pensava
di essere (o voleva che gli
altri pensassero che fosse)
un primo ministro, e oggi
assomiglia a un commissario
europeo. Vede gente,
apre dossier, allarga i temi
senza approfondirli, non incide,
non determina la realtà
del Paese, non comanda
neppure all’interno della
sua coalizione. Questo è lo
scenario».
In questo vacuum, però, si
muovono egualmente uomini
e cose, da una parte e
dall’altra del mondo politico:
forse non in una precisa
direzione, m asi muovono.
«Se il governo si agita in un
vacuum, è difficile fare l’opposizione.
La stessa parola
op-posizione presuppone
che ci sia una posizione.
Pensiamo a una partita di
tennis o di ping pong: provi
a giocare con uno bravo,
anche lei giocherà bene;
giochi con un principiante,
e i suoi colpi saranno scadenti.
Tutto ciò non è una
giustificazione, non libera
l’opposizione dall’onere democratico
dell’essere tale,
efficace e forte. È quello
che cerchiamo di fare in
Parlamento ogni giorno.
L’opposizione, in Parlamento,
c’è».
Anche l’Udc e il suo leader
ci sono? Sembra che in
certi casi, l’opposizione di
Casini non sia così forte
ed efficace.
«Mi permetta di far notare
che è il contrario. Le questioni
dialettiche ci sono
non perché l’Udc sia fuori
dalla nostra area di campo,
ma proprio perché è
nella nostra area di campo
».
Anche nella giornata di
giovedì, quarantott’ore
fa, ci sono stati avvenimenti
politici bisognosi di
interpretazione: l’incontro
Prodi-Bossi, il caso Verona.
«Le circostanze di tempo e
di luogo hanno impedito la
valutazione precisa del valore
politico di quanto è
successo a Verona. In realtà,
il fatto politico rilevante
dell’altro ieri non è l’incontro
Prodi-Bossi (che si è
concluso con vaghe formule
sulla legge elettorale,
che sarebbero più solide se
Prodi avesse una maggioranza
parlamentare), ma
l’incontro Bossi-Berlusconi,
che
non per caso
ma
pour cause
ha seguito il primo».
Anni fa, fu lo stesso Roberto
Maroni ad essere protagonista
di sondaggi da
una parte politica e dall’altra,
alla ricerca dell’alleanza
più conveniente.
«La storia non si ripete. È
un fatto che l’ultimo incontro
tra Bossi e Berlusconi
sia stato estremamente positivo
e costruttivo, tanto
sul piano locale quanto su
quello nazionale. Verona
avrebbe potuto rappresentare
un infortunio per il
centrodestra, il principio
della divisione. È stato ottenuto
l’opposto, ed è la prova
che con la buona volontà
si può costruire. E il ruolo
del presidente Berlusconi
è stato decisivo. Il valore
di Verona, in ogni caso,
non è limitato alla città,
pur importante: il valore è
nazionale. Verona è importante
per la Lega, ma è ancora
più importante per
noi».
E allora, caso
Verona a parte,
dove va
la Lega?
«La mia riflessione si basa
su due punti. Primo punto:
la lega è un partito, un movimento
leaderistico. Il leader
è stato, è, e sarà Umberto
Bossi. Secondo punto:
se negli anni Novanta si
poteva immaginare una
qualche tendenza della Lega
a sinistra, o una qualche
composizione della sinistra
con la Lega, nel tempo
presente tenderei ad escluderlo
».
Eppure Massimo D’Alema
definì la Lega «costola della
sinistra».
«La Lega è un fenomeno politico
estremamente ricco e
complesso, che certamente
non si identifica né con
la destra, né con la sinistra.
Ma lo scenario politico,
rispetto agli anni Novanta,
è radicalmente cambiato.
E non è cambiata la Lega:
è cambiata la sinistra.
Se posso aggiungere una ulteriore
riflessione, non solo
negli ultimi dieci anni c’è
stato un progressivo incremento
della rilevanza dell’
istituzione governo; ma si
è registrata una ideologizzazione
crescente della sinistra,
da quella degli anni
Novanta fino all’attuale. I
governi di centrosinistra
degli anni Novanta erano
molto meno ideologici del
governo Prodi. Questo deriva
anche dalla mutazione
dei problemi. Negli anni Novanta
i temi dell’immigrazione,
della vita e della famiglia
erano meno pressanti.
La stessa politica fiscale
ha avuto quest’anno una
radicalizzazione, arrivando
al giacobinismo. Tanto
è forte il furore
fiscale di adesso,
che la pressione
è cresciuta
anche
nei confronti
della parte
sbagliata: la
povera gente.
Se questo è il
nuovo contesto,
mi pare
molto difficile
che la sinistra
possa stabilire
alleanze con la
Lega».
Qualcuno forse
ci prova, o almeno
esplora...
«Roberto Maroni è un politico
intelligente, e conosce
i termini della questione.
La politica che si poteva fare
negli anni Novanta, ora
non è più possibile. Non solo
perché il Nord è a destra,
ma anche perché la
Lega si ritrova sul fronte
opposto alla sinistra rispetto
ai grandi temi dell’immigrazione,
della vita, della
famiglia, della tassazione».
Prodi ha promesso al Carroccio
passi avanti sul federalismo
fiscale. È un tema
fondamentale per la
Lega.
«Non credo che gli sforzi di
questo governo nello spostamento
del potere fiscale
sul territorio possano andare
più in là delle addizionali,
dell’Ici, delle super
rendite catastali.
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