Tremonti: «L’Ue ormai dipende da Berlino»

«Era un Ecofin informale, di quelli che servono a discutere e non a decidere». Il ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, ha ridimensionato l’importanza del vertice europeo conclusosi ieri a Breslavia, in Polonia.
«In questo momento molto dipende dalla Germania, dalle decisioni che saranno prese in questo Paese nei prossimi giorni», ha aggiunto al termine della riunione, chiusa in anticipo per evitare la protesta anti-austerity dei sindacati europei. Il Parlamento tedesco, infatti, voterà il 29 settembre sul potenziamento del fondo di salvataggio deciso dall’Ue il 21 luglio scorso e senza un «sì» tutto il macchinario messo in piedi finora rischia di crollare. Come ha rilevato il presidente di turno dell’Ecofin, il ministro delle Finanze polacco, Jacek Rostowski: «Se l’eurozona dovesse dividersi, è difficile immaginare che non si divida anche l’Unione».
Incassato l’ok dell’Eurogruppo alla manovra - che si aggiunge a quelli di Bce e Fmi - i problemi per Tremonti sono dietro l’angolo e non si riferiscono solo al possibile downgrade di Moody’s sul debito italiano, rinviato a ottobre e già scontato dagli spread. «L’Italia - ha concluso - ha una piattaforma per il pareggio di bilancio e su quella piattaforma bisogna disegnare la visione del Paese per il prossimo decennio, non limitata a un anno, possibilmente in 3D e quindi viva e moderna». Insomma, la vera questione è far ripartire la crescita economica. Tremonti vi lavorerà da martedì nella nuova riunione del «tavolo per lo sviluppo» con Abi, Confindustria e Rete Imprese, mentre il 29 settembre è previsto un seminario sulla cessione degli immobili pubblici.
Non sarà un compito semplice perché sul fronte interno l’attacco mediatico-giudiziario al governo mina la coesione nazionale, mentre su quello esterno si procede in ordine sparso. Prova ne è il fallimento sostanziale del vertice di Breslavia dove i Paesi non hanno trovato un accordo né sull’ultima tranche di 8 miliardi di euro per gli aiuti alla boccheggiante Grecia né sulla tassa per le transazioni finanziarie che Francia e Germania propinavano come toccasana. Né sono mancati i soliti sgradevoli particolarismi con Finlandia, Austria e Slovacchia impegnate a chiedere garanzie reali sui prestiti alla Grecia e con la Svezia che ha tratteggiato un quadro fosco dell’Italia e del sistema creditizio europeo.
Nubi che i banchieri italiani hanno cercato di dissipare. «Il nostro sistema è molto solido», ha ribadito il dg di Unicredit, Roberto Nicastro, mentre il presidente del consiglio di gestione di Intesa Sanpaolo, Andrea Beltratti, ha ricordato che Ca’ de Sass è «seconda in Europa per indici di liquidità». In ogni caso, nell’agenda del vertice polacco è stato inserito un adeguamento degli stress test. «I parametri vanno messi a punto», ha chiarito il commissario Ue al Mercato interno Barnier.
Nonostante ieri il presidente della Bce, Jean-Claude Trichet, abbia cercato di minimizzare («L’eurozona è in una situazione più incoraggiante di altre economie»), l’Ecofin di Breslavia passerà alla storia per l’imbarazzo del segretario al Tesoro Usa Geithner, invitato speciale che ha assistito alle continue divisioni tra governi europei e Bce per superare l’impasse.

A parte un generico accordo sul rafforzamento della disciplina di bilancio, ognuno ha cercato di difendere il proprio orticello. Sperando che la prussiana Breslavia non si riveli - come nel 1939 - un avamposto tedesco per una nuova «guerra».

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