Tremonti: «Nel nostro Paese le entrate tengono meglio»

Questa volta l’Italia non è la pecora nera, a causa del cartellino giallo dell’infrazione per disavanzi eccessivi. Bruxelles questo «cartellino» già l’aveva dato a Spagna, Gran Bretagna, Irlanda e Francia e vari altri Stati membri. Ora, accanto a noi, lo ricevono anche la «virtuosa» Germania, assieme ad Austria, Belgio e Olanda. Sono rimasti senza questa reprimenda solo Bulgaria, Cipro, Danimarca, Estonia, Finlandia, Lussemburgo e Svezia. Se si tolgono il Lussemburgo che è un paradiso fiscale e fa i bilanci con i soldi degli altri, Cipro e l’Estonia che sono due Stati di confine più piccoli di una nostra provincia, quelli virtuosi sono solo i tre Paesi scandinavi investiti poco dalla crisi e la Bulgaria, che non è ancora un Paese industriale e, quindi, non ha né il nostro benessere né i nostri problemi.
Praticamente tutta l’area dell’eurozona è messa dietro la lavagna da Bruxelles, perché ha un deficit troppo alto e, quindi, un debito pubblico che non va. È veramente curioso il modo con cui Bruxelles, impugnando la matita blu, riesca a danneggiare quella credibilità finanziaria e monetaria che avrebbe tutto l’interesse a difendere. Se c’è un’area che ha retto alla crisi finanziaria meglio delle altre è l’euro zona, con la sola eccezione della Spagna. Il sistema bancario qui non è crollato, come in Usa e Gran Bretagna. E l’euro sale, mentre sterlina e dollaro scendono.
L’Italia, in particolare, ha un deficit elevato rispetto al parametro del 3%, in quanto si tratta del 5%, ma si deve anche considerare che, secondo le statistiche ufficiali, il nostro Pil si è ridotto del 5% e che i gettiti fiscali ne hanno risentito, anche se non in proporzione. La spesa, pertanto, è stata messa sotto controllo, il più che si poteva. Il deficit italiano non è stato creato dal nostro governo né da una incapacità di competere delle nostre imprese, ma dalla crisi mondiale che ha bloccato il nostro commercio estero. E noi abbiamo una bilancia dei pagamenti in pareggio nonostante tutto.
Il risparmio delle famiglie in Italia è l’11% del Pil contro il 2 della Gran Bretagna e il 4 della, ufficialmente, virtuosa Finlandia; negli Usa è zero. La Commissione Ue non dedica alcuna attenzione a questi dati di economia reale dell’Italia, né a quelli altrettanto buoni della Germania e della Francia, che sono, con noi, il cuore dell’economia europea continentale. Nella pagella italiana c’è anche un altro dato positivo, la tenuta sostanziale dell’occupazione, con un tasso di disoccupazione che per ora è il 7,5%, mentre l’Ue viaggia, di media, oltre il 9. Né la Commissione spiega che cosa si sarebbe dovuto fare: aumentare le imposte in un periodo di difficoltà delle famiglie e delle imprese? Ridurre le spese di investimento o quelle sociali, mentre c’è il problema della disoccupazione e della domanda interna, che dovrebbe compensare la caduta di quella estera?
La Commissione Ue non suggerisce ricette, si limita a dire che il deficit è eccessivo e a fare riferimento, in particolare per l’Italia, all’esigenza di riforme strutturali, riguardanti la spesa sociale. In effetti, qui una certa ragione ce l’ha, nel senso che l’innalzamento dell’età pensionabile delle donne e altri ritocchi, con particolare riguardo alle pensioni finte e ai vari privilegi di pensioni baby esistenti, potrebbero migliorare il nostro debito a lungo termine. Ma il clima di tensione politica che si è creato in Italia, adesso con la dichiarazione di incostituzionalità del lodo Alfano, impedisce di farlo, in quanto l’opposizione scatenerebbe la piazza, anche su questo, mobilitando la Cgil e costringendo gli altri sindacati a nicchiare o a seguirla, dato che la congiuntura difficile crea insicurezza. L’opposizione rimprovera il nostro governo di non avere speso abbastanza, di non avere adottato le politiche keyenesiane di deficit deliberato, che gli Usa stanno attuando.

Tremonti si è opposto a queste politiche, perché difende il bilancio, il cui deficit, benché elevato, è inferiore a quello degli altri Paesi europei. Ha diritto a essere seccato con l’Ue. Ma tocca all’opposizione, ora, fare ammenda delle proprie tesi, dato che ha parlato a vanvera, come si vede dal modo come i deficit sono valutati dalla Commissione Ue.

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