Tremonti non s’arrende Si intestardisce ancora sul suo super prelievo

RomaTremonti resta in silenzio ma sembra ridere sotto i baffi, in una sorta di presumibile «Ve l’avevo detto io...». Il ministro dell’Economia pare osservare da lontano che la «quadra» di Arcore, ora dopo ora, si sta trasformando in una «sfera». È stato lui a battersi affinché il contributo di solidarietà sopra i redditi da 90mila euro non venisse toccato. Ma la misura andava contro alla ragione sociale del Pdl ed è stata cassata principalmente da Berlusconi con il suo: «Non posso mettere le mani nelle tasche degli italiani». Sconfitto su questo punto, il ministro dell’Economia ha potuto soltanto eccepire: «Attenzione alle cifre: abbiamo preso un impegno con l’Europa e i saldi della manovra devono essere quelli». Quarantacinque miliardi e rotti per il triennio. Un salasso. E adesso, senza la super Irpef, i conti sembrano non tornare.
Sull’ipotesi dell’aumento immediato di un punto percentuale dell’Iva al 20 per cento, invece, ha vinto Tremonti ma non solo. Sono in tanti nel governo a pensare che sì, è vero, sarebbe una misura utilissima per fare cassa, ma ha in sé il possibile virus di essere recessiva. Per ora non si fa. Potrebbe riemergere ma, sempre secondo la visione tremontiana, in un secondo momento e soprattutto come carta jolly da inserire in una rivisitazione complessiva del sistema fiscale. Se si tocca l’Iva si tocca soltanto con la delega fiscale.
Insomma, sul recupero delle risorse siamo all’impasse. E non è assolutamente detto che la soluzione del giallo «manovra bis» possa arrivare con il Consiglio dei ministri convocato per questa mattina. Il portavoce ha fatto sapere che il ministro sarà presente alla riunione, ma un comunicato di palazzo Chigi specifica che non si parlerà di manovra visto che la riunione è stata convocata solo per l’esame definitivo del decreto legislativo sulla giustizia civile. Inoltre, al Cdm, non sarà presente Berlusconi, atteso a Parigi per la conferenza internazionale sulla Libia, promossa da Sarkozy. Difficilmente, tuttavia, non si affronteranno i nodi economici e soprattutto il tema caldo delle ultime ore: le pensioni. Ieri, durante il vertice tra il ministro del Lavoro Sacconi e quello della Semplificazione Calderoli, pure Tremonti ha potuto dire la sua. E, via telefono, anche quest’ultimo ha benedetto la decisione di cancellare la norma sulla previdenza che escludeva gli anni dell’università e del servizio militare dal conteggio per calcolare l’età pensionabile. Una misura, questa, che durante la riunione-fiume di Arcore aveva visto anche Tremonti favorevole. Ma poi, vista la rivolta di elettori e sindacati, ma soprattutto l’eventuale profilo di incostituzionalità, meglio cassarla del tutto.
Il premier e buona parte del Pdl sarebbero per rilanciare il pressing sugli uomini di Bossi nell’accettare l’unico vero intervento strutturale presente nella manovra, ossia rivedere al rialzo l’età del riposo per tutti. Donne incluse, visto che è una misura che ci chiede l’Europa. Ma su questo, per ora, in casa del Carroccio continua a esserci una serranda abbassata. E Tremonti? Il ministro non si cruccia più di tanto e rimanda al problema politico con l’alleato. Come a dire: «Su questo io non c’entro. È la Lega che non vuole. Sbrigatevela voi».
Un occhio ai conti: dalla misura sulle pensioni, ieri cassata, si attendevano entrate pari a 1,5 miliardi. Nell’attesa di trovare la quadra in extremis, la tesi principale della maggioranza è che la cifra si potrebbe recuperare dalla lotta all’evasione. Ma su questo è impossibile scrivere una cifra certa. E Tremonti lo sa.

A questo punto si potrebbe far risorgere il contributo di solidarietà, caldeggiato dal ministro dell’Economia. Ipotesi che Berlusconi non vuol neppure sentire, specie dopo il suo intervento in televisione in cui esultava per aver evitato di «mettere le mani in tasca degli italiani». Insomma, la situazione per ora è di stallo.

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