nostro inviato a Cernobbio (Como)
Un pizzico di pepe sulla carne pallida e irrimediabilmente insipida del lavarello, il pesce di lago. A spargerlo, nella seconda giornata del Forum della Confcommercio in corso a Cernobbio, ha provveduto uno che il macinapepe ce l’ha sempre pronto in tasca, a portata di mano. Ovvero l’ex ministro dell’Economia Giulio Tremonti, che ha rivolto ieri le sue attenzioni polemiche nei confronti di Walter Veltroni, approdato anche lui sulle sponde del Lario, tappa obbligata del suo tour nordista. «Lui è uno nel cui curriculum - ha ironizzato il numero due di Forza Italia - compare la qualifica: “Azionista di maggioranza” del governo Prodi».
Non solo: a suo dire Uolter - o potremmo dire «il Walter», visto si trova ancora in visita nei territori della remota Lombardia - sarebbe addirittura uno e bino. «Ci sono due Veltroni - ha detto infatti Tremonti -: quello che è ancora nel governo, che ha scritto i numeri della recessione e ne ha la responsabilità; e poi c’è l’altro Veltroni che parla di miracoli. Come possa fare il Veltroni della recessione e anche dei miracoli, bisogna chiederlo a lui». Lui che, ha ricordato Tremonti, «è andato ad annunciare in televisione, a Uno mattina, che leggeranno la trimestrale di cassa, che ci sarà il Tesoretto e che lo distribuiranno. Forse Veltroni pensa di aver avuto l’indulto, ma in realtà è ancora al governo, mentre lui parla come se fosse all’opposizione. Certo, ci andrà, ma attualmente è ancora al governo», ha infierito l’ex ministro.
«In ogni caso - ha aggiunto - io ho letto la relazione alla Trimestrale di cassa e ci ho trovato una crescita zero, una pressione fiscale alle stelle, al 44%, un’inflazione tra i 3 e i 5 punti percentuali, oltre a dei conti che non sono in ordine». Per non dire del premio di rischio sull’Italia «che ai nostri tempi era di 20 punti e che adesso è cresciuto del 300%. No, non c’è da stare allegri». Anche perché «la differenza tra il programma di Veltroni e il nostro - ha detto ancora Tremonti - è che il suo è una Disneyland dove si promettono miracoli, mentre il nostro parla di crisi. Crisi in arrivo di cui il governo Prodi doveva sapere; oppure non lo capiva e hanno fatto le cicale anziché le formiche».
Argomento crisi che ha fornito all’ex superministro di Berlusconi la ghiotta occasione - oltre che attesa, glielo si è letto negli occhi - per togliersi un altro sassolino dalla scarpa. Risparmiando almeno per un attimo il leader del Pd e scagliando invece il suo strale altrove. Direzione Milano, dove si dev’essere conficcato in una boiserie o in una comoda poltrona di cuoio, in qualche buon salotto editoriale. «Io, di questa crisi in arrivo ne avevo parlato già nel 2004 e successivamente anche nel 2006 - ha premesso Tremonti -. Bene, adesso vorrei vedere uno di questi grandi economisti che scrivono su importanti giornali che mi dimostri di aver parlato della crisi prima che arrivasse».
L’ex ministro ha poi negato di aver parlato di larghe intese tra centrodestra e centrosinistra. Ipotesi attribuitagli sabato in un titolo di quotidiano. «È stata una forzatura, non c’entra niente con quanto avevo detto nell’intervista. Se infatti rispondi alle domande e ti dicono che i due programmi sono uguali, io dico “sì”, perché in effetti lo hanno copiato. Ma se sono uguali, non significa che ci siano grandi intese», ha spiegato.
Rispedite al mittente anche le accuse di protezionismo piovutegli addosso dopo la pubblicazione del suo libro La paura e la speranza.
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