Le tensioni in Nord Africa, soprattutto quelle libiche, possono determinare «effetti destabilizzanti» per l’economia e la finanza occidentale. Il congelamento dei fondi sovrani di quei Paesi è un’ipotesi che si sta vagliando in sede europea per scongiurare ulteriori contraccolpi negativi in campo finanziario. È quanto ha sottolineato il ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, nel corso di un convegno dell’Aspen Institute a Istanbul.
«Uno dei rischi più grandi posti dalla crisi in Nord Africa e Medio Oriente è la possibilità che vengano smantellati i fondi sovrani dei Paesi coinvolti che investono nel mondo occidentale», ha rilevato il titolare del Tesoro rimarcando che «noi vogliamo bloccare i fondi di quei Paesi, ma pensate se lo facessero loro al contrario ». Cioè, se fossero quei Paesi a ritirare i loro fondi sovrani disinvestendo dai mercati G7.
«Pensate agli effetti destabilizzanti se per caso una rivoluzione dice “quei fondi sono nostri e li vogliamo indietro“?», si è chiesto Tremonti.
Per l’Italia entrambi gli scenari sarebbero poco auspicabili considerato che la Libia con le sue finanziarie statali è presente in Unicredit (7,5%), Finmeccanica (2%) ed Eni (1%) oltre a detenere partecipazioni significative in Juventus (7,5%)e nell’operatore tlc Retelit (14,8%). In caso di disinvestimento, infatti, circa 6 miliardi di euro di titoli si riverserebbero a Piazza Affari con conseguente calo delle quotazioni.
La vicenda sarà al centro stamattina del Comitato sulla sicurezza finanziaria ( Csf).L’organismo, presieduto dal direttore generale del Tesoro Vittorio Grilli e al quale partecipano tra gli altri Viminale, Farnesina, Bankitalia e Consob, esaminerà la situazione delle partecipazioni libiche.
Le valutazioni del Csf saranno poi propedeutiche alla decisione del governo ma occorre ricordare che la Libia non è più nella black list internazionale, ossia Paesi sospettati di finanziamento del terrorismo internazionali per i quali vengono congelati asset , distribuzione di dividendi e diritti di voto.
Ecco perché, ha ribadito Tremonti, occorre un coordinamento. Sulle sanzioni alla Libia l’Italia sta «applicando esattamente quanto si conviene nelle sedi internazionali », ha ricordato aggiungendo che «abbiamo applicato la delibera dell’Onu e stiamo discutendo in sede europea sugli altri investimenti». A livello Ue è in discussione la possibilità di allargare le sanzioni, per ora limitate alle operazioni direttamente riconducibili a Gheddafi, al complesso degli investimenti libici all’estero.
Tremonti ha poi esposto il proprio punto di vista sulle cause scatenanti delle rivolte nordafricane indicando il rialzo speculativo dei prezzi delle materie prime tra i fattori decisivi: «Sono convinto che l’innesco di molte rivolte sia stato causato dall’aumento del prezzo delle commodity
», ha affermato ricordando come nel 2008 pose il problema al G8.
«La risposta scientifica, specie del Fondo monetario internazionale, fu che la speculazione non esiste», ha osservato polemicamente il ministro. L’ondata,ha concluso, potrebbe trasferirsi a Oriente contagiando infine i Paesi sviluppati che già temono lo shock petrolifero e dove l’estrema destra potrebbe trovare terreno fertile per le proprie tesi.
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