Dopo trent’anni do i voti in pagella ai capiredattori

Dal 9 di Vassallo al 7,5 di Rocchi, passando per il 6,5 di Sechi. Lussana? La parola ai lettori

Dopo trent’anni  do i voti in pagella ai capiredattori

Trentacinque anni di redazione genovese del Giornale. Per me sono «solo» trenta, come mi hanno ricordato i miei più giovani colleghi, qualche giorno fa con un'intera pagina dedicata sul Giornale. Diciamola per intero: non è da tutti veder celebrato un anniversario in questo modo (alla faccia della privacy). Scherzi a parte, è stata un'idea splendida, graditissima e che mi ha immensamente commosso.
Trent'anni, ma stiano tranquilli i lettori che non ho intenzione di raccontarli tutti. Anche perché oggi, gennaio 2010, questi sei lustri mi sembrano trascorsi così, «a prescindere», direbbe Totò. La quotidianità di un quotidiano. Ma qualcosa è rimasto. Delle battaglie combattute (e anche vinte) da questo foglio si è già detto, scritto e ricordato. Ma c'è un dietro le quinte, molto variegato: quei caporedattori che negli anni si sono succeduti, ognuno col suo carattere, le sue «manie», il modo di rapportarsi con la redazione.
A partire da Luigi Vassallo. Della prima volta che ci incontrammo, nella minuscola sede di via Brigata Liguria, ricordo le sue parole: «Questa redazione è come una sacrestia, siamo tutti qui, tutti uniti, tutti per il Giornale». In seguito divenni una della famiglia e tutte le sere tornavo a casa intrisa dell'odore di fumo che saturava la redazione: Gauloises Blu di Vassallo e Nazionali Semplici del suo vice Umberto Merani: quello era l'odore del giornalismo «vero». Gli odori e i suoni. Il ticchettio della macchina da scrivere (il primo computer lo vedremo solo nel 1982) e gli urlacci di Vassallo che sicuramente arrivavano fino al tetto dell'edificio di via Fiasella dove la redazione si era trasferita al piano terra. Toccavano un po' a tutti: «Se stasera alle otto non hai ancora finito… - tuonava lo stimolo a darsi una mossa - ti taglio i c…». Voto 9, per gli insegnamenti e quello che ha lasciato a tutti noi.
A raccogliere questa burbera eredità ecco arrivare Massimo Zamorani. Avrebbe dovuto fare l'inviato, ma l'improvvisa scomparsa di Vassallo cambiò il suo destino. Caporedattore gentiluomo, che dava del lei quasi a tutti, molto galante e sempre con un tono che si udiva appena. Ma l'apparenza ingannava. Zamorani, era (e senz'altro è anche adesso) un uomo impastato di avventura. La sua passione erano i grandi spazi, il volo (anche su un Tornado), i ricordi di una guerra e di una prigionia vissuta sulla pelle, le grandi sfide. Come quella volta che, un pomeriggio, in occasione di una nevicata eccezionale, volle essere lui a fare il servizio. Andò non so dove con i mezzi attrezzati della Provincia, ma poi, avventuratosi a piedi, rimase bloccato nella neve fresca e gli stessi uomini della Provincia dovettero intervenire in suo aiuto. E poi, che dire di una persona che, per principio, non possedeva un ombrello… Voto 7, per il coraggio della prima linea.
Luciano Basso. Giornalista di esperienza, fu il primo a capire che il Giornale doveva aprirsi all'esterno. E per questo aprì le porte della redazione, allora si era in via De Amicis, ad una associazione femminile, frotte di signore che tenevano in un salone le loro riunioni. Ricordo Merani, già in pensione ma che collaborava ancora con noi, dare pugni sul muro per mettere fine al «chiacchiericci» delle convenute. Per un certo periodo vedevamo anche comodini, cornici e mobiletti vari attraversare il corridoio: al Giornale un’altra associazione teneva corsi di restauro. Basso era uno di buone maniere. Una volta, dopo avermi dato non so più perché una rispostaccia, per farsi perdonare mi regalò un libro con tanto di dedica. Voto 6, per il giornalismo in doppiopetto.
Con Basso finisce l'era Montanelli. Arriva il primo Vittorio Feltri e la redazione di Genova è attraversata dal ciclone Mario Sechi. Non me ne voglia, ma io, per i suoi modi gentili, lo chiamavo «il tagliatore di teste», anche se di teste in realtà non riuscì a mozzarne. Sechi era… effervescente e imprevedibile, come le sue idee. Giornalista di pura razza pretendeva anche l'impossibile. Una volta, alle 17 propose a Monica Bottino di fare un servizio sulla sanità e sugli ospedali genovesi: «Per quando?» chiese lei. «Deve uscire domani» rispose lui. Beh, non ci crederete… Monica fu bravissima e quel servizio aprì il Giornale il giorno dopo. Una volta toccò a me: «Domattina alle 5 vai a Brignole: devi seguire e raccontare la giornata in un'edicola di giornali». Era gennaio, un freddo cane. Sechi ebbe il suo servizio. Voto 6,5 per il regime «del terrore».
Con Sechi arrivò anche Carlo Piano, che poi ne avrebbe preso il posto. Un «ragazzaccio», simpaticissimo, con un fiuto straordinario per le notizie. Per lui fare il Giornale era come un gioco, si divertiva moltissimo, trascinando anche tutti gli altri in un'avventura fatta di pagine già finite e completamente capovolte. Innamorato dei gialli, non si lasciò scappare, insieme a Diego Pistacchi, quello del delitto di Nada Cella. Anche nello scrivere era così: un servizio su un'attesa in aeroporto per un improvviso sciopero, con lui diventava avvincente come un libro di Dan Brown. Voto 7 per la fantasia e l’entusiasmo.
Dopo Piano Alessandro Rocchi. Di lui non posso che dire bene: tuttora è caporedattore al Giornale e dall'alto della sede milanese può controllare direttamente quello che scrivo. Ma non mi sbilancio troppo se dico che sono stati anni belli di stima, collaborazione e rispetto, anche se ancora oggi non mi va giù l'occhiata che alla sera, qualunque ora fosse, quando passavo a salutarlo per andare a casa, Sandro lanciava all'orologio. Però aveva un'attenuante: era il primo ad arrivare e l'ultimo ad andare via. Voto 7.5 per l’organizzazione del lavoro e la prestanza fisica: la componente femminile della redazione lo rimpiange ancora oggi.


Se Rocchi mi può controllare da Milano... Massimiliano Lussana lo può fare molto più da vicino. Per questo su di lui non mi sbilancio, tanto non è più storia ma cronaca. S.V. Il voto glielo diano i lettori continuando a comprare il Giornale!

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