Il Tribunale ora contesta l’estorsione

da Milano

E adesso il caso Parmalat rischia di costare a Cesare Geronzi e a Sergio Cragnotti anche l’accusa di estorsione aggravata, reato che prevede fino a 20 anni di carcere. Il giudice Roberto Spanò, davanti al quale si sta tenendo l’udienza preliminare per il filone parmense dell’inchiesta, a sorpresa ha invitato la Procura a contestare al presidente di Mediobanca e all’ex patron della Cirio anche la nuova accusa. Per i due imputati la Procura aveva chiesto il rinvio a giudizio per concorso in bancarotta fraudolenta. Ma il giudice Spanò si è convinto che dall’inchiesta emergesse anche un ricatto commesso da Geronzi ai danni di Calisto Tanzi per costringerlo a rilevare dal gruppo Cirio - pesantemente esposto verso Capitalia - la Eurolat. Il giudice ha lasciato alla Procura la scelta se sostituire l’accusa di bancarotta a quella di estorsione, o se invece sommare le due imputazioni. E la Procura sembra decisamente orientata a seguire questa seconda strada. La decisione formale verrà presa dopodomani. Ma i difensori di Geronzi hanno già fatto sapere che in caso di accoglimento, la nuova accusa dovrebbe portare a bloccare il processo e a spostarlo per competenza a Roma o Milano. Soddisfazione palpabile da parte dei difensori di Tanzi, che si era sempre proclamato - almeno per la vicenda Eurolat - una vittima delle pressioni di Geronzi: «È la prova - dice l’avvocato Gianpiero Biancolella - che solo da una ricostruzione più completa possibile si può capire davvero cosa accadde intorno a Parmalat».

Ma sul decollo del processo incombono anche altre nubi: il Csm ha dovuto far valere la sua autorità per impedire che alcuni dei magistrati inviati a Parma per consentire lo svolgimento delle udienze tornassero, come chiedevano, alle basi di partenza.

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