«TRIBUNE POLITICHE»: MESTE E CORTESI

Ci sono due scuole di pensiero sulle tribune politiche in onda tutti i giorni alle 13,15 su Raitre, nel quadro dello spazio dedicato alla campagna elettorale. La prima, propria di quelli che vedono sempre il bicchiere mezzo vuoto, non mancherà di osservare il clima un po’ mesto di questi dibattiti, dove salvo eccezioni hanno accesso le cosiddette «seconde linee» della politica, che paiono intente a fare soprattutto esperienza del mezzo televisivo, non senza qualche inevitabile impaccio dovuto a un deficit di padronanza dello stesso. Là dove invece sia presente qualche nome più conosciuto, come ad esempio l’altro giorno Enrico Boselli per la Rosa nel pugno e Domenico Nania per An, la padronanza del mezzo è ormai assodata ma la voglia di impegno, data l’ora di programmmazione e l’audience ridotta, non pare trascendentale. A dimostrarlo un piccolo ma significativo particolare: è raro che i partecipanti si diano sulla voce ripetendo il consueto refrain «io non ti ho interrotto ti prego di non interrompere me». A queste tribune politiche di routine, condotte da giornalisti volenterosi quanto sconosciuti (non è una colpa, ma anche questo non pare invogliare i presenti a dare il meglio di sé) capita ad esempio che il conduttore dica «stiamo aspettando il rappresentante di An Domenico Nania», con la telecamere che inquadra malinconicamente la sedia vuota. E capita poi che la stessa telecamera segua dopo un po’ l'arrivo trafelato del ritardatario che prende posto dopo aver sbrigato faccende evidentemente più importanti. Ci si fa l’idea che gli stesssi consulenti di immagine dei politici (sempre più numerosi) si prendano qualche ora di vacanza in occasione di queste tribune politiche marginali, in attesa di ben altri e più importanti cimenti dei loro assistiti. D’altra parte la seconda scuola di pensiero, quella di chi considera il bicchiere sempre mezzo pieno, non mancherà di considerare gli indubbi lati positivi di questi dibattiti al di fuori del grande circuito mediatico, delle sue tensioni ed esasperazioni. I limiti oggettivi di queste tribune politiche di seconda fascia contengono in fondo le loro benefiche compensazioni: i partecipanti sanno di non avere milioni di persone all’ascolto e di non doversi rubare per forza la scena. Qualcuno, ogni tanto, può così persino accennare a qualche punto del programma della rispettiva coalizione, e qualcun altro può permettersi di contestare l’avversario motivandone le ragioni.

E poi niente pubblico vociante, niente applausi da stadio, e conduttori sconosciuti senza velleità da primedonne. Basta decidere cosa si preferisce: da una parte qualche informazione in più, a prezzo di qualche sbadiglio. Dall’altra vivacità e bisticci, a prezzo di un po’ di caos.

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