Cultura e Spettacoli

La tripla vita della scandalosa Aury

Una delle donne più potenti dell’editoria francese, di cui ancora si sapeva poco o nulla...

Nemmeno trent’anni e alla sua prima prova ha raccolto ottime critiche dalla crème della stampa francese. Nemmeno trent’anni e sforna una biografia di quasi seicento pagine, la prima mai scritta, su una delle figure più controverse del mondo letterario francese del Novecento: Dominique Aury, pseudonimo di Pauline Réage, autrice di Histoire d'O (in Italia pubblicato da ES), capolavoro erotico dallo stile senza macchia, in grado di condurre le sevizie subite dalla giovane O. per compiacere il suo amante verso innumerevoli ristampe e traduzioni. Angie David, autrice di Dominique Aury (Ed. Leo Scheer, 558 pagg., 25 euro), da poco uscito in Francia, ha lavorato due anni alla raccolta dei documenti e della corrispondenza inedita della Aury necessari a stendere il volume, ma ne è valsa la pena: non soltanto l’opera traccia un quadro intrigante del milieu intellettuale ed editoriale della Francia dal dopoguerra sin quasi ad oggi, ma svela intere porzioni della vita della Aury (morta a novant’anni nel 1998) sconosciute agli stessi intello francesi, tranne che ai fedelissimi come Maurice Blanchot, che considerava la scrittrice «l’amica di ogni vita».
Si apprende ad esempio che nemmeno Dominique Aury è il nome vero di una delle donne che più hanno contato nella vita letteraria francese del dopoguerra, la prima a sedere nel 1951 nel comitato di lettura Gallimard e anche l’unica, per il quarto di secolo successivo: Dominique è in realtà Anne Desclos, nata a Rochefort in un ambiente cattolico rigidissimo, sebbene aperto alla cultura, da padre insegnante d’inglese e madre casalinga.
Si apprende che la Aury da studentessa, a Parigi, frequentò con passione gli ambienti della Jeune Droite, l’estrema destra, dove nel 1933 incontra Thierry Maulnier, di cui diviene in gran segreto, essendo già sposata con un altro uomo, l’amante e che la spingerà a scrivere. Sarà proprio nei primi articoli pubblicati ne L'Insurgé, la rivista fondata da Meulnier, che inizierà a firmarsi come Dominique Aury, alias che ben presto sopprimerà la sua vera identità.
Si scopre che il primo libro di questa donna dal corpo minuto, quasi trasparente per allure ed espressione, sempre fasciata da impeccabili tailleur grigi o beige eppure autrice del classico erotico che ad oggi ha raggiunto il milione di copie vendute - un record per un genere letterario considerato «confidenziale» - fu un’Antologia della poesia religiosa francese, pubblicata nel 1943. Il fuoco sotto il ghiaccio.
Si apprende che Dominique Aury una sera andò a cena con il ministro degli Interni francese dell’epoca. Il che spiega forse come mai nel giugno del 1954 Jean-Jacques Pauvert poté pubblicare Histoire d'O senza che la censura lo mondasse o lo vietasse del tutto e come anzi l’opera abbia vinto sei mesi più tardi il premio «Deux-Magots», dando fuoco alle polveri dello scandalo.
«Una donna che si guadagna la vita con l’amore è ai miei occhi ben più degna di stima di una che si abbassa fino a scrivere romanzi d’appendice, o addirittura libri»: chissà come avrebbe commentato l’incipit del Mine Haha di Frank Wedekind l’autrice d’Histoire d’O, di cui l’ambigua storia dell’autore di Hannover si può considerare un’anticipazione, in senso cronologico e anche narrativo, dato che le educande che ne sono protagoniste arrivano appena alle soglie dell’adolescenza. «Sottomessa con gli uomini, conquistatrice e seduttrice con le donne», la Aury ebbe amanti di entrambi i sessi. Lasciato Meulnier, rapì il cuore della scrittrice Edith Thomas, che abbandonò per l’uomo più importante della sua vita, Jean Paulhan, l’autore de La morale dell'ironia, successore di Jacques Rivière alla testa della Nouvelle Revue Française, la rivista letteraria fondata nel 1909 sotto il patronato di André Gide. Anche questa volta la relazione è destinata al segreto, poiché Paulhan è sposato, ma la passione tra i due è folle, destinata ad alimentare quel fuoco che covava sotto il ghiaccio.
Se è vero, come scrive lo stesso Paulhan in Felicità nella schiavitù, breve saggio a proposito di Histoire d’O che «non esiste donna che non cerchi di cambiare l’uomo che ama, e di cambiare se stessa», è vera anche la tesi di Angie David, secondo cui fu per épater Paulhan che Dominique ogni notte trasformava i suoi «fantasmi» (così li definì in una lettera scritta nel 1968, poco prima che Paulhan morisse) in una bibbia del sadomasochismo, non priva di una certa innocenza, degna di De Sade, Laclos, Bataille, avversata in egual misura da puritani e femministe e su cui Camus giurò che l’autore non poteva che esserne un uomo.
Dalla prima biografia sulla Aury emerge una figura di donna fortissima imprigionata nel corpo di un topolino, l’unico di sesso femminile peraltro in grado di rodere il formaggio della Gallimard, di muoversi come una monaca della tradizione tra uomini di potere e di penna. Una doppiogiochista magistrale, professionista della tripla vita, costruttrice di maschere di invisibile ferro imburrate da un’apparente sottomissione, indomabile eretica del sesso che per nutrirsi al seno della severa casa di Gide si travestì da grigia e polverosa dame des lettres. Una donna che riassume nelle sue contraddizioni un secolo di storia francese: cattolica e bisessuale, fascista e nella Resistenza, giurato del «Prix Fémina» e schiava della virilità, autrice di un romanzo pornografico che è in realtà una lunga lettera d’amore.

Insomma, come ha scritto Le Figaro, tra i grandi mistificatori letterari del ventesimo secolo, prima ancora di Romain Gary e di JTLeroy, posto d’onore ad Anne Desclos-Aury-Réage.

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