da Cannes
I fratelli belgi Jean-Pierre e Luc Dardenne hanno vinto il Festival di Cannes due volte. Sono dunque unistituzione locale, ma in Italia li conoscono pochi; non diverranno molti per Le silence de Lorna, in concorso ieri, che ha le stesse caratteristiche dei loro film precedenti: sfondo urbano (Liegi), esistenze marginali, ossessione del denaro, disponibilità a vendere il proprio corpo. Lorna (la kosovara Arta Dobroshi) è unimmigrata albanese, sposatasi con un drogato belga (Jérémie Renier) per ottenere la cittadinanza. Ora lei vuol divorziare, accusandolo di inesistenti maltrattamenti, e sposare un russo, che a sua volta vuol diventare belga. Per accelerare i tempi, però, un complice (Fabrizio Rongione) la rende vedova per overdose. E nel frattempo lei si crede incinta... Tutto è verosimile e nulla è attraente nella vicenda e nei personaggi, anche se si accenna al riscatto di lei. Insomma, Le silence de Lorna fa il paio con Gomorra, con unimpostazione cattolica, però.
Ieri è stata la volta anche, nel «Certain regard», di Versailles di Pierre Schoeller, con Guillaume Depardieu, Judith Chemia e il piccolo Max Bassette Malglaive. Davanti a questultimo nome nobiliare, non pensate che la vicenda avvenga al castello; si svolge nella foresta circostante. Un bambino fra i quattro e cinque anni è abbandonato dalla madre disadattata a un vagabondo accampato.
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