Milano - Anche se ai rigori, benvenuta vittoria (6-5, gol decisivo di Thiago Silva dopo l’errore di Yago). Serviva la presenza sugli spalti del premier Berlusconi per scrollarsi di dosso quel filotto di sconfitte che aveva contraddistinto l’intera estate milanista: ora l’esordio di domenica in campionato fa meno paura, anche perché i rossoneri sembrano finalmente aver cambiato marcia.
A San Siro, il Milan prova a fare il Milan e a mettere in pratica il credo di Leonardo: squadra corta, velocità, e propensione all’attacco. L’avvio tutto rossonero allontana per un po’ le nuvole del fallimentare precampionato: Nesta e Thiago Silva non sbagliano un intervento e si confermano ancora una volta come nota positiva del Milan che sarà. Pirlo colpisce una traversa da 30 metri, ma è tutto il centrocampo rossonero (con Gattuso e Flamini) a rivelarsi più solido delle precedenti uscite. In più inizia a intravedersi la mano del lavoro di Leo, con i milanisti che provano a sfruttare maggiormente le corsie laterali, anche se Zambrotta e Jankulovski faticano ancora a scendere sul fondo con continuità. Poi entra Abate e dal suo piede nasce il cross per il gol del pareggio di Pato: immaginare un suo utilizzo da terzino destro non è proprio un’idea così campata per aria. Da rivedere un po’ la posizione di Huntelaar, relegato alla destra di Ronaldinho e lontano dal cuore dell’area, la sua posizione preferita: nonostante ciò, è l’unico che nel primo tempo vede la porta bianconera. Alla seconda partita in rossonero, i meccanismi con i compagni sono ancora da trovare, è quindi assolutamente presto per fare sentenze. Così come è presto per condannare Ronaldinho: Leo crede in lui, non a caso è stato uno dei più utilizzati, così come il numero uno milanista Silvio Berlusconi, che veste per qualche istante i panni di tecnico e disegna così la posizione del brasiliano in campo: «Ronaldinho a centrocampo è assolutamente sprecato. Deve giocare dentro l’area di rigore, dove fa magie... si procurerebbe tante di quelle punizioni e segnerebbe tanti di quei gol...».
Detto, fatto. Leonardo riabbraccia per una sera un tridente sperimentale, con Pato e Huntelaar ai lati del Dentone, avanzato per l’occasione di una decina di metri. Al contrario delle ultime uscite, il numero 80 mette impegno e corsa, recupera palloni e non disdegna qualche calcetto agli avversari bianconeri: ancora non è il Dinho che Leonardo si aspetta, ma la rotta è quella giusta. Soprattutto per trasformare in fatti le parole di Berlusconi che, ancora una volta, incorona il brasiliano e il Milan: «Ronaldinho è il numero uno e noi pensiamo di poter vincere lo scudetto... abbiamo iniziato a giocare bene, la squadra è cresciuta...» e poi: «Perché non ho premiato i vincitori in campo? Non avevo la cravatta».
Forse per vincere lo scudetto, oltre a Dinho, il Milan avrebbe bisogno di una mano della dea bendata e di un Pato più continuo. Vero, segna il gol del pari, ieri sera Grygera l’ha visto poche volte, ma il papero non può più permettersi certi black-out come accaduto nella rete del vantaggio di Diego: è lui a perdere il pallone a metà campo per un dribbling di troppo.
In casa bianconera, invece, Ferrara sorride per l’elogio di Lippi («Scudetto alla Juve») e si gode il suo Diego.
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