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Trofeo un po’ depresso: niente grandi ambizioni I budget si sono ristretti, non le spese della città

Il Golfo protesta: a parole le World Series della America’s Cup sono un grande spettacolo per la città di Napoli, che la porta lontano dall’immagine legata alle montagne di spazzatura che periodicamente la invadono. Partecipano i grandi della vela: ieri sotto un cielo grigio e piovoso hanno vinto James Spithill con Oracle e Dean Barker con Emirates Team New Zealand. Luna Rossa ha debuttato per la quarta sfida di Patrizio Bertelli (solo il barone Bich, Aland Bond e Thomas Lipton hanno fatto quanto lui) finendo a centro classifica, con le sue due barche Piranha e Swordfish portate dai giovanissimi Chris Draper e Paul Campbell James, nomi che dovremo imparare nei prossimi mesi. L’eccitazione, i saluti sono quelli soliti della Coppa America. Ma dopo la prima impressione cominci a riflettere sul fatto che siamo tanto sul virtuale e poco sull’evento. Dovrebbe essere un circuito di preparazione alla Coppa, un amplificatore di interesse per la vela, ma lo è davvero? Insomma, non tutto quello che si vede in acqua è quello che era stato promesso sul depliant, fin dalle prime conferenze di presentazione della Nuova Coppa. La scelta di usare i catamarani (adesso gli AC 45 lunghi tredici metri, a San Francisco nel 2013 gli Ac 72 da ventuno metri) ha fatto fare un salto di generazione a equipaggi e spettacolo, però mancano quella decina di eventi promessi per quest’anno e i dieci veri sfidanti di cui si favoleggiava. Quelli veri che saranno nelle Louis Vuitton Cup (regata selezione sfidanti) l’anno prossimo sono solo tre: Emirates Team New Zealand, Luna Rossa e Artemis. Da anni il massimo trofeo velico non era così depresso. Gli organizzatori americani sono partiti con grandi ambizioni ma il licenziamento di Richard Worth (inventore della Champions League) che doveva farne il più grande evento della vela di tutti i tempi dichiara il loro insuccesso. È colpa della crisi mondiale? Non solo, il programma era troppo ambizioso e costruito con poco realismo sulla capacità del mercato pubblicitario di assecondare il nuovo formato e le continue incertezze sul programma. Da qui in poi non può succedere molto: ai tre sfidanti si aggiungono alcuni partecipanti al circuito degli Ac 45 come il francese Energy Team, o Team Korea o ancora China Team. I cat sono belli da vedere, complicati da usare, uno degli esempi più concreti di come si debba andare in barca con doti atletiche e tecniche (non hanno strumenti elettronici) e fare spettacolo: le immagini da bordo sono fantastiche. Per questo meritano una sufficienza di incoraggiamento. Napoli è il primo dei quattro eventi dell’anno: gli altri saranno Venezia, San Francisco e Newport. Per questioni di budget il programma è stato ristretto, come (si dice) sarà a Venezia: ogni giorno di regata costa caro, ma è costato caro anche alla città, per cui l’investimento non è cambiato.

Altri problemi? La produzione televisiva rinuncerà alla parte migliore, quella delle match race finali per non dover fare alzare in volo due elicotteri. La domanda resta: questa è vera Coppa America?

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