Cultura e Spettacoli

TROPPI DECIBEL PER GLI SPOT? CAMBIO CANALE

«Lei che può lo scriva, per favore, che non se ne può più del volume sempre più alto con cui ci entra in casa la pubblicità». Messaggi di questo tipo ne arrivano regolarmente, alla casella di posta del Telediario, segno di un dispetto e di una irritazione del telespettatore di cui è giusto dare conto almeno ogni tanto. Adesso in testa alla speciale classifica del «volume alzato» è La 7, che interrompe i programmi sparando i suoi spot a decibel altissimi, forse per far parlare un po' di sé in mancanza di motivazioni più nobili, ma la cattiva abitudine è generalizzata e si attende l'arrivo dell'estate per percepire il problema in modo ancora più tangibile e urticante. La pubblicità che ci entra in casa a voce alta è un malvezzo ricorrente della nostra televisione, e sta alla pari con altre cattive abitudini ormai incancrenite come i titoli di coda dei film tagliati dopo pochi secondi, il mancato rispetto della fascia protetta, gli spot di programmi riservati a un pubblico adulto mandati in onda tra un cartone animato e l'altro. Ciò che lo rende particolarmente sconcertante, nel caso specifico, è che non si capisce il motivo reale per cui viene effettuato tale bombardamento di decibel. Almeno fino a quando qualche super esperto di questioni televisive non ci dimostrerà - studi scientifici alla mano vidimati dalle massime autorità statistiche - che una pubblicità presentata in questo modo risulti davvero più seguita dallo spettatore, con conseguenti riflessi sulle vendite del prodotto certificabili con assoluta sicurezza tramite riscontri inequivocabili che li mettano direttamente in relazione - e senza ombra di dubbio - con l'effetto «timpano spaccato». Fino a quando non ci dimostreranno inoppugnabilmente che almeno qualcuno ci guadagna, da un malvelzzo del genere, continueremo a giudicarlo come un aspetto demenziale dell'andamento televisivo.

Anche perché non ci vuole Einstein per capire cosa succede nella maggior parte delle famiglie quando lo spot irrompe ad alto volume svegliando di soprassalto chi ha imparato a usare la televisione come sonnifero (senza alcun tipo di controindicazione) o chi stava seguendo in stato di ammirevole veglia un programma qualsiasi: parte una caccia forsennata e affannosa al telecomando (che in questi casi non si trova mai) nel tentativo di neutralizzare subito l'audio, accompagnata da improperi e non di rado tachicardia, e una volta trovato l'aggeggio il cambio di canale avviene in misura ancora più veloce e comprensibilmente liberatoria di quanto accada generalmente ad ogni pausa pubblicitaria. I signori del marketing pensano davvero che ci si riesca a concentrare sul prodotto reclamizzato, in tutto questo trambusto? E se lo pensano, potrebbero gentilmente dimostrarcelo?

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