«Troppi equivoci nel sindacato si deve condannare il terrorismo»

Galbusera (Uil): «Distinguo pericolosi: occorre stare sempre al fianco delle vittime degli estremisti»

da Milano

È «preoccupato» Walter Galbusera, segretario generale della Uil Lombardia: «Nel sindacato italiano, in materia di terrorismo, c’è ancora chi fa troppi distinguo: ora basta», si scalda. Lo sfogo arriva dopo che venerdì scorso, all’assemblea unitaria di Cgil, Cisl e Uil, la leader dei metalmeccanici Uil, Serena Bontempelli, è stata duramente contestata dai compagni. Fischi, «buu» e delegati che abbandonavano la sala. La frase che ha scatenato il putiferio? «Chi milita nel sindacato deve dire che sta con Biagi e Ichino e non con le Br». Un’ovvietà? Non per tutti, anzi. È partito un «processo» a chi ha preteso chiarezza e reclamato un sostegno «senza se e senza ma» agli obiettivi del terrorismo.
Galbusera ammette che «il tema è molto delicato ma la nostra linea non può essere titubante. Noi siamo contro il terrorismo». Il sindacalista però riconosce che tra le proprie fila c’è ancora chi fa pericolose distinzioni: «Come nel passato, si rischia di fare il ragionamento del “né con lo Stato né con le Br“. Un ragionamento pericolosissimo perché così facendo si scivola nel terreno del fiancheggiamento». Parole dure ma nette, quelle di Galbusera, che si spinge oltre: «Chiunque, e ripeto chiunque, si chiami Berlusconi o Fini, diventi l’obiettivo dei terroristi, be’, noi stiamo con lui. Anche chi ha opinioni diversissime dalle nostre, qualora sia una potenziale vittima dell’estremismo, ha la nostra solidarietà.
Non tutti, però, la pensano come il leader lombardo della Uil. «Vero - riconosce sconsolato -. Nel sindacato è ancora diffuso un modo di pensare figlio della tradizione marxista-leninista. La matrice ideologica è ormai logorata dalla storia però l’antagonismo resta un concetto che fa ancora presa. Purtroppo.

Perché antagonismo significa scomparsa del nemico: e questo è molto pericoloso perché crea equivoci».
Parole chiare ma Galbusera non teme conseguenze: «Fischieranno anche me? Lo facciano pure, ci sono abituato. Sono già stato fischiato quando ho detto che la legge Biagi non è eversiva...».

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