Morti cancellati dopo 5 anni, trasferimenti di residenza aggiornati a distanza di 8 anni e permessi di soggiorno scaduti e mai registrati. Nell'era della notizia in tempo reale è questa l'incredibile situazione che riguarda l'anagrafe Asl dei pazienti in carico ai medici di base milanesi. Dove alla parola d'ordine «aggiornamento» sembra aver sostituito quella di «disorganizzazione». Il problema non è isolato, e soprattutto è tutt'altro che a costo zero, tanto che ora la Regione ha chiesto ai propri medici di base il recupero delle quote di tutti quei pazienti che non potevano o non dovevano essere in cura al servizio sanitario nazionale o perché morti o perché con permessi di soggiorno non validi. Il risultato è che i medici di base, chi in misura maggiore, chi minore, si sono visti decurtare lo stipendio da un giorno all'altro. Si va dai 500 euro al mese in meno, fino ad arrivare a tagli che prevedono la metà dello stipendio. Una situazione che ha mandato su tutte le furie i sindacati di categoria che hanno chiesto alla Regione di mettere mano urgentemente a questa situazione ormai insostenibile.
«È evidente che esiste un problema di comunicazione fra l'anagrafe comunale, la Asl e la questura - spiega Ugo Tamburini dello Snami -. Io stesso mi sono visto cancellare un paziente a 5 anni dalla sua morte. Ma il problema maggiore sono i pazienti extracomunitari». In un accordo firmato due anni fa la Regione Lombardia aveva stabilito che tra un rinnovo e l'altro del permesso di soggiorno potessero trascorrere sei mesi massimo. Il tempo necessario alla questura per fare gli accertamenti e rinnovare o meno il documento. Naturalmente le cose vanno spesso in altro modo. «I cittadini immigrati spesso aspettano mesi dopo che il permesso è scaduto prima di andarlo a rinnovare - continua Tamburini -, con il risultato che molti mesi restano per così dire scoperti dal servizio sanitario, mesi durante i quali noi medici non solo non sappiamo nulla di questa loro situazione, ma continuiamo ovviamente a curarli. Salvo poi trovarci con le buste paga “pignorate” dalla Regione. E questo davvero non è giusto». Stando alle cifre riguardo alla popolazione immigrata (in città vivono circa 300mila extracomunitari) a Milano il 20-40 per cento degli assistiti di ogni medico è di nazionalità extraeuropea. «Abbiamo punte di iscritti immigrati in via Canonica dove c'è la China Town, ma anche in molte periferie come Quarto Oggiaro o il Lorenteggio - conferma Mauro Martini presidente nazionale Snami -. Ci sono colleghi che si sono visti dimezzare lo stipendio. È la convenzione regionale che va cambiata. Per etica professionale noi i malati li curiamo anche gratis, si intende, per fortuna non siamo in America dove bisogna avere la carta di credito per essere curati. Però non è neppure giusto che questa disorganizzazione anagrafica debba ricadere sui medici».
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