Troppi forfeit nelle file Pdl: maggioranza battuta

Bocciato un emendamento sulla caccia. Molti gli onorevoli in missione, ma qualcuno è stato visto fare shopping nel centro di Roma. Berlusconi: il danno d'immagine è enorme. Vito: "Un incidente che non ha carattere politico"

Troppi forfeit nelle file Pdl: maggioranza battuta

Fabrizio de Feo - Adalberto Signore

Roma - Il boato, lo stupore, la rabbia. È una sconfitta parlamentare inattesa e piuttosto paradossale quella in cui inciampa alla Camera la maggioranza. Un infortunio marginale su una norma sulla tutela della fauna selvatica - inserita in un decreto di conversione di una serie di obblighi comunitari - che serve, però, a regalare un pomeriggio di gioia all’opposizione e far suonare un campanello d’allarme dentro il Pdl, evidentemente incline a una certa rilassatezza da strapotere numerico. «Troppa superficialità», dirà più tardi Berlusconi in uno dei tanti colloqui telefonici con i vertici di Forza Italia. Già, perché a conti fatti sono soprattutto gli azzurri a ingrassare le file degli assenti ingiustificati.

La mattinata a Montecitorio è dedicata alla discussione della norma sull’assegnazione sulle frequenze digitali, con Pd e Idv che giocano la carta della «melina regolamentare». L’obiettivo è quello di far mancare il numero legale. Ma la sortita fallisce, anche perché i deputati dell’Udc non abbandonano l’aula. Alla fine, dunque, più che l’ostruzionismo risulta decisivo l’assenteismo. L’incidente non arriva sulla normativa televisiva - quella su cui si concentra maggiormente l’opposizione - ma su un emendamento sulla caccia respinto dall’aula con 238 sì e 240 no. E il punto di crisi diventano quei 104 parlamentari assenti nella maggioranza, di cui 54 ingiustificati e 50 in missione (e con Baccini, che ha votato la fiducia, si arriva a 105). Assorbito il colpo del primo voto negativo, la maggioranza si adopera per circoscrivere l’incidente. Il ministro per i Rapporti con il Parlamento Vito spiega che quanto successo «non riveste una natura di carattere politico» - un concetto rilanciato in serata dal capogruppo Cicchitto - mentre la parlamentare del Pd Melandri bolla come «fannulloni» gli avversari latitanti. A loro discolpa, i 54 assenteisti spiegano di essere stati beffati «dall’imboscata» orchestrata da Giachetti che, resosi conto dei vuoti nei banchi del Pdl, ritira improvvisamente tutti gli iscritti a parlare. Il voto, dunque, arriva in anticipo, impedendo ai «fuoriusciti» di rientrare in aula dalla pausa caffè.

Spiegazioni, queste, che il Cavaliere raccoglie fino a un certo punto, perché - racconta chi ha occasione di sentirlo nel pomeriggio - con i numeri usciti dalle urne «scivoloni di questo genere» sono «inammissibili». Che poi tra gli assenti non ci fossero solo i ritardatari della buvette o qualche scontento rimasto a secco dopo le nomine di sottosegretari e presidenti di commissione, ma anche chi è stato visto per le vie del centro a far shopping proprio non gli è andata giù. Il «danno di immagine» - si sfoga Berlusconi con i suoi collaboratori - è «enorme». Argomento, questo, che ritorna anche nel faccia a faccia a Palazzo Grazioli tra Berlusconi e Cicchitto, presenti Bondi e Verdini. Con il Cavaliere che fa presente come la compattezza della maggioranza sia proprio uno degli aspetti su cui non si possono fare passi falsi. Soprattutto, spiega, dopo due anni all’insegna delle divisioni del governo Prodi.

Cicchitto (assente pure lui durante il voto incriminato) fa presente come i meccanismi di gestione di quello che è il più grande gruppo parlamentare della storia della Repubblica debbano ancora essere «oliati». Eppoi, «molti deputati hanno l’impressione di un margine più ampio di quello che in realtà abbiamo e sono stati un po’ superficiali». Insomma, nessun caso politico.

Ma solo un incidente di percorso dettato dalla superficialità, anche perché - dice Bocchino - tra gli assenti erano in molti quelli che - ministri e sottosegretari - avevano diritto a essere considerati in missione. «Sarebbe bastato - spiega il vicecapogruppo - comunicarlo». Anche se per Berlusconi, che ufficialmente non commenta la vicenda, resta «un campanello d’allarme» da non sottovalutare.

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