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nostro inviato a Yokohama

Il vero mondiale per club comincia stasera, a Tokio ma pende già dalla parte del Boca Juniors, in modo quasi sfacciato. E non solo per il modesto vantaggio di contare su un giorno in più di riposo rispetto all’altra semifinalista (domattina tocca al Milan contro i giapponesi degli Urawa reds).
Agli argentini, campioni in carica della Libertadores, tocca infatti l’onore della prima semifinale contro rivali non certo irresistibili, i tunisini dell’Etoile du Sahel e fin qui è merito del destino in qualche modo riparatore rispetto a qualche colpo basso subito. Possono guadagnare perciò la finale senza consumare molte energie. Non ne hanno a disposizione un numero industriale. Hanno provato a tesserare Riquelme con un trucco, respinto dagli uffici della Fifa, per colmare la lacuna di fantasia a centrocampo. Possono contare su Palermo, un marcantonio di centravanti dal pelo rosso, gran fisico e mobilità relativa e su un ragazzino reclamizzato al pari di Pirlo, Banega classe 1988, secondo qualche procuratore e i loro trombettieri italiani, si tratta di un vero asso da trascinare subito nel nostro campionato a suon di milioni, naturalmente. Seguiamolo. È un altro Boca rispetto a quello targato 2003 che beffò ai rigori il Milan: niente Abondanzieri in porta, niente Burdisso in difesa, niente Tevez in attacco. Perdite consistenti. Il suo attuale allenatore, Miguel Angel Russo, discusso e sul punto di essere sostituito: Diego Simeone uno dei nomi circolati prima dell’interesse concreto del River. Nel 2003 Carlos Bianchi fu il loro portafortuna.
È un mondiale fatto apposta per i sud-americani. Il motivo quasi banale: nel calendario è sistemato in coda alla stagione di quel continente. Non per altro i primi due successi sono targati Brasile: San Paolo nel 2005 (castigato il Liverpool), Internacional di Porto Alegre del giovanissimo Pato nel 2006 (rispedito a casa il Barcellona di Ronaldinho). Cancellato all’improvviso anche l’arbitro spagnolo designato, Mejuto Gonzales: non è in forma hanno riferito fonti Fifa. Sarà. Si gioca col pallone dotato di microchip e una banda magnetica distesa sulla linea di porta, progetto tecnico diverso da quello sperimentato a Udine.
Non sarà invece una passeggiata per il Milan giovedì sera, a Yokohama. A causa della migliore consistenza del rivale, i giapponesi dell’Urawa Reds, passati di slancio (3 a 1). Hanno perso il loro straniero più dotato, Ponte, contano quasi tutto sull’altro brasiliano, Washington, fisico da rugbista, i giornali locali straparlano di tale Ono, il Kakà locale, ammirato invece da Costacurta, osservatore di Ancelotti l’altra sera, un mancino dalla gamba viva, Soma, giapponese col numero 16. Marcos Tulio, brasiliano naturalizzato, parte dalla difesa e diventa l’uomo in più nel sistema di gioco elaborato da Holger Osieck, tedesco, l’allenatore che fu ai tempi di Italia ’90 assistente di Beckenbauer ct di Germania. «Non sarà una passeggiata, è una squadra organizzata che corre» ripete Costacurta.


«L’altra sera, davanti alla tv durante la loro partita, non volava una mosca» la nota riferita da Adriano Galliani. Segno dell’attenzione e della tensione che montano. Qui comincia il mondiale per club. Appuntamento a metà mattina per l’Italia (11.30 su Mediaset premium), in Giappone saranno le 19.30.

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