Troppo veloce per tutti gli altri La sfida di Bolt è con se stesso

nostro inviato a Berlino

Contro se stesso vince. «Ma solo quando ci provo ai videogames». Parola dell’interessato. Usain Bolt oggi ci riproverà, ma dal vero. Correrà contro se stesso, gli altri sono ancora troppo lontani. «Non devo temere nessuno perché sono un dragone». Si è visto anche nelle semifinali. Lui ha provato 160 metri, eppoi frenato, nemmeno volesse andare a marcia indietro. Gli altri sembravano stantuffi sbuffanti, tesi fino in fondo al rettilineo, e il tempo ha detto la sua: Bolt è stato il migliore delle due semifinali (20”08). Wallace Spearmon, l’americanone che sembra un giocatore di football, ha vinto l’altra semifinale, filando, filando ma sempre più piano del giamaicano (20”14). Sembra di rivedere don Chisciotte Gay: corro e corro, ma resto un umano. Bolt potrebbe dimostrare di esser davvero sovrumano, anche alla faccia di tedeschi e svedesi che volevano infilare naso nei suoi controlli antidoping. I curiosoni, per il vero chi non ha il dubbio?, sono stati accontentati dalla Iaaf, che ieri ha provveduto a far sapere l’esito delle analisi: «Tutti i controlli sono stati negativi, anche prima dei mondiali». Coscienza lavata, universo soddisfatto. Il resto dei dubbi li ha tolti la federazione giamaicana che ha rispedito a casa i cinque atleti da lei graziati, ma in attesa di giudizio da parte della federazione internazionale, appunto per questioni di doping. Idea illuminata, giusto per non macchiare il brillare intenso del suo fenomeno.
E oggi Bolt correrà contro se stesso, contro il proprio record (19”30), contro l’impossibilità di essere normale. Capita ai grandi campioni, a chi vuol trasformare la storia in leggenda: Rocky Marciano mantenne il mito dell’imbattibile non perdendo mai da professionista, ma sul ring era più facile demolire avversari che sostenere la pressione del dover vincere. Edwin Moses, per dieci anni, non ha perso una gara ed ogni volta tutti a chiedersi: sarà la volta buona? Ovviamente che perda. Lance Armstrong si sarà divertito nel pedalare su e giù per le strade di Francia, inseguendo i 7 successi consecutivi al Tour, ma lo stress gli ha divorato qualche anno. Alberto Tomba si è inchiodato dopo 7 vittorie consecutive in slalom, striscia che sembra breve (è ancora record) ma è lunghissima per chi deve spigolare tra pali e tensione.
Ora tocca a Bolt, che tutto il mondo si coccola come il pupazzo da cui non separarsi mai. Eppure ogni volta la domanda è la stessa: farà il record? Come dice Michelone Johnson è più facile battere quello dei 100 rispetto a quello dei 200 m. Deve averlo capito anche Usain, che ha messo le mani avanti. «Voglio vincere per me, non per il record. Quest’anno ho lavorato meglio per i 100 che per i 200». Ma ha soggiunto: «Oggi sto meglio di ieri». Quando aveva gran voglia di dormire. L’incidente d’auto in aprile lo ha un po’ condizionato. Se gli riuscisse il colpo, dimostrerebbe che non c’è limite alla grandezza. E ha appena 23 anni, anzi li compirà domani. In regalo ha chiesto di non correre la batteria della staffetta. Non ha previsto party.

Solo tanto freddo per gli avversari fra cui tre americani (Spearmon, Clark, Crawford), un giamaicano (Mullings) che ha un bel precedente di doping, un ragazzino azero (Guliyev), un panamense (Edward) e un francese (Alerte). Un bel futuro dietro le sue spalle. Questo non è un videogioco, ma Bolt può battere solo Bolt.

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