Fabrizio de Feo
da Roma
La Casa delle libertà affila le armi e si prepara alla grande sfida della prossima settimana, a quella prova daula che, allombra del voto segreto, determinerà le sorti della riforma elettorale e darà unimpronta precisa al prosieguo della legislatura. Lappuntamento è delicato. La maggioranza, infatti, vuole lapprovazione della riforma elettorale alla vigilia delle primarie dellUnione, fissate per il 16 ottobre, in modo da rovinare la festa a Romano Prodi, improvvisamente orfano del maggioritario e privo di un partito che lo sostenga. E così tutti i leader della maggioranza lavorano, in maniera più o meno sotterranea, per serrare le fila e arrivare preparati al voto in aula.
Il clima, rispetto a pochi giorni fa, è decisamente migliorato e nel centrodestra quasi tutti sono pronti a giurare che le truppe parlamentari voteranno compatte e non ci saranno sorprese. Altero Matteoli, ad esempio, ribadisce che «sulla legge elettorale nelle ultime 48 ore la Cdl ha raggiunto un accordo che non cera. È stata trovata unintesa anche con quella parte dellUdc che legittimamente chiedeva un percorso diverso», con lintroduzione delle preferenze a partire dal 2011. Qualche timore per possibili imboscate, però, continua a resistere. In particolare già martedì alla Camera si affronterà un primo scoglio: quello rappresentato dai due voti segreti che la maggioranza dovrà superare allinizio dellesame della legge elettorale. LAssemblea dovrà esprimersi su due pregiudiziali, una di costituzionalità e una di merito, presentate dallUnione. Su entrambe le questioni il voto sarà segreto, il che vuol dire che potrebbero entrare in azione i franchi tiratori. Se la Cdl riuscirà a superare questi scogli, si potrà iniziare lesame della legge elettorale. In base al calendario dei lavori dellAssemblea sul provvedimento i tempi sono contingentati, per cui lopposizione non avrà gioco facile nel praticare lostruzionismo. Pertanto, secondo i calcoli della Cdl, al voto finale sul testo si dovrebbe giungere tra giovedì e venerdì. Una chiusura rapida che suscita preoccupazione nel centrosinistra che lunedì mattina, alla Camera, riunirà i segretari e i capigruppo dei partiti dellUnione per preparare una strategia di risposta.
In queste ore, però, cè un altro nodo da sciogliere: quello delle perplessità del Quirinale sulla possibile incostituzionalità di alcuni punti della riforma. Il quadro non è ancora del tutto chiaro ma sono già pronti gli emendamenti per modificare almeno due dei tre punti a rischio: lindicazione del premier e la tutela delle minoranze linguistiche. «I dubbi del presidente della Repubblica - spiega Ignazio La Russa - sono giusti ma non era nostra intenzione suscitarne. Cè stata anche una carenza di informazioni da parte nostra. Sapevamo che alcuni punti del testo potevano essere inconstituzionali e avevamo già messo a punto le modifiche ma non le avevamo comunicate al Colle che, quindi, ha lavorato sul testo base». Il nodo dellindicazione del premier verrà risolto specificando nel testo esplicitamente che i partiti dichiarano il nome della persona che «propongono» per la carica di presidente del Consiglio, «fatte salve le prerogative del capo dello Stato», cui spetta, secondo la Costituzione, nominare il premier. Quanto alle minoranze linguistiche è stata accolta una proposta presentata da Karl Zeller, deputato del gruppo che le rappresenta. «Gli verrà garantita una quota di seggi, 3-4 circa», spiega il capogruppo Udc in Commissione Remo Di Giandomenico. Sul tavolo resta la questione del premio di maggioranza al Senato. «Cercheremo di capire qual è esattamente il rilievo di Ciampi», osserva Di Giandomenico. Anche se per il presidente della Commissione Donato Bruno non cè rischio di incostituzionalità: «Il premio di maggioranza viene assegnato dopo il riparto che è fatto comunque su base regionale». Tra le ipotesi, però, cè anche quella di calcolarlo su base regionale invece che nazionale.
Diventa un emendamento di tutta la Cdl anche la proposta di An di esentare dallobbligo di presentazione delle firme le liste che hanno un gruppo alla Camera o al Parlamento europeo.
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