Alessia Marani
Truffa milionaria ai danni dellErario. Sei milioni di euro indebitamente sborsati dalla Asl RmC per pagamenti non dovuti o dirottati sui conti di società «fantasma»: unallegra gestione dei fondi pubblici a disposizione dellazienda sanitaria locale coi maggiori introiti a Roma adottata negli anni dal dirigente amministrativo, Mario Celotto (dimesso appena 10 giorni fa), e dal suo «braccio destro», il funzionario amministrativo Paolo Ippopotami, arrestati ieri allalba dai carabinieri del nucleo operativo di via In Selci al termine di due anni dindagine. Truffa ai danni del sistema sanitario nazionale, falso in atto pubblico questi i reati di cui dovranno rispondere le due «eminenze grigie» dellufficio fatture e acquisti della Asl insieme con altre quattro persone, tutti prestanome o materiali «riscossori» dei crediti dirottati, anchessi finiti dietro le sbarre su ordine del Gip, Luisanna Figliolia.
Nel blitz di ieri alla sede di via dellArte, allEur, i militari hanno sequestrato una montagna di faldoni con le pratiche relative al saldo dei fornitori negli ultimi anni, nonché i computer e i supporti informatici in dotazione dei due dipendenti interni. Dati che saranno raffrontati con i movimenti bancari dellagenzia della Banca di Roma tesoriera per conto dellazienda e materiale erogatrice del denaro. Al funzionario spettava preparare i mandati di pagamento dopo avere verificato i servizi prestati dai fornitori. In pratica, Ippopotami utilizzava questo stratagemma: faceva apparire che alcune società fornitrici, a un certo punto, avessero ceduto i loro crediti a ditte terze. Quindi, il saldo delle fatture avveniva a queste società collegate a conti correnti bancari intestati a «teste di legno» pronte a riscuotere in contanti. Naturalmente, si tratta di unoperazione che necessitava del «visto» del direttore amministrativo, Celotto, appunto, il quale daccordo con il suo funzionario, non esitava a firmare il mandato di pagamento alla banca. Capitava così che denaro dovuto per macchinari medici o per apparati radiogeni finissero a società di catering, ad agenzie di viaggio, persino a un bar. Un sistema con il quale, in due anni e mezzo, i due «compari» avevano dato lok per fare «scivolare via» dalle casse del ministero della Sanità ben 6 milioni di euro, in tranche da 500, 600mila euro alla volta.
Lo scorso mese unaltra impiegata amministrativa, questa volta della Asl Rm B, era stata arrestata dal nucleo di Polizia tributaria delle Fiamme gialle perché scovata a manomettere le fatturazioni da saldare per conto dellazienda. La donna, L. M. di 50 anni, produceva documenti clone per il mandato di pagamento ai fornitori comunicando, però, allagenzia tesoriera le coordinate bancarie di un suo amico, un 57enne di Anzio, già arrestato durante lestate. Il «bottino», allora, era stato di circa un milione e mezzo di euro. Gli inquirenti svelarono limbroglio partendo proprio da accertamenti bancari sul 57enne, nullafacente, eppure improvvisamente divenuto destinatario di somme ingenti.
Questa volta, invece, linchiesta, coordinata dai pm della Dda, la Direzione distrettuale antimafia, Giancarlo Capaldo e Giovanni Bombardieri, è stata avviata da verifiche a campione. «Di fronte alla mole degli importi movimentati - spiega il colonnello dei carabinieri Giovanni Arcangioli - ci siamo insospettiti. Sospetti divenuti ancora più forti quando ci siamo resi conto che gli importi dovuti erano stati incassati, così almeno credevamo, da società che poco o nulla hanno a che fare con malati e salute pubblica. Quel che dovremo verificare ora dai nuovi atti acquisiti è da quanto tempo andava avanti questo latrocinio e se il sistema avesse usufruito della compiacenza di altri allinterno della struttura».
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