Valeria Robecco
New York Baby boomer contro Millenial, America First contro Globalism First, conservatorismo contro progressismo, miniere contro tecnologia, East Coast contro West Coast. Sono solo alcuni dei paradigmi con cui può essere raccontato il confronto tra Donald Trump e Mark Zuckerberg, una sfida dai toni arcigni che per gli amanti del noir politico proietta gli Stati Uniti verso la prossima corsa per la Casa Bianca di Usa 2020. Il presidente americano e il fondatore di Facebook non potrebbero essere più diversi, e neppure hanno fatto molto sino ad ora per celare la non simpatia reciproca. Negli ultimi giorni, però, tra i due è scoppiato un duro scontro diretto, che in tanti già vedono come il preludio di una futura battaglia elettorale. «Facebook è stato sempre anti-Trump, ma la gente è con me», ha tuonato The Donald su Twitter, ipotizzando anche una collusione tra giornali e network.
Trump ha puntato il dito contro il social dopo che la creatura di Zuckerberg ha annunciato di collaborare con il Congresso nell'ambito dell'inchiesta sul Russiagate. Dopo le sue parole, a stretto giro è arrivata la secca risposta del guru della Silicon Valley: «Facebook è una piattaforma per tutte le idee», ha scritto Zuckerberg in un lungo post, sottolineando che durante l'ultima campagna elettorale anche i democratici avevano criticato alcuni contenuti pubblicati, accusando il social media di favorire l'allora candidato repubblicano. Invece, ha insistito, «Facebook ha dato voce alle persone, messo i candidati nelle condizioni di comunicare direttamente, ha aiutato milioni di persone a votare». Un discorso che per gli osservatori sa molto di manifesto politico. Il Ceo ha poi ammesso di aver fatto male a ridicolizzare i timori che il social potesse avere un impatto sulle elezioni presidenziali. «Dopo il voto dichiarai che pensare che la disinformazione su Facebook potesse aver cambiato il risultato era un'idea folle - ha scritto -. Nel definirla folle sono stato sprezzante e me ne pento. Non si può essere sprezzanti su un argomento così importante».
Da giorni, peraltro, l'attenzione è concentrata sul social di Menlo Park, dopo la rivelazione di inserzioni vendute a una società russa con un possibile utilizzo da parte di Mosca per influenzare le ultime presidenziali. Secondo la Cnn, almeno una delle pubblicità aveva come riferimento il movimento Black Lives Matter, nato in segno di protesta per i metodi duri della polizia contro gli afroamericani, e con obiettivo specifico utenze di Ferguson e Baltimora, città al centro delle tensioni e degli scontri a sfondo razziale. Ora, però, il New York Times ha scoperto che nell'ambito del Russiagate sarebbe stato fatto anche un largo uso di Twitter, e una certa attività di disturbo sarebbe proseguita fino ad oggi con account sospettati di essere legati a Mosca. Il confronto tra Trump e Zuckerberg, tuttavia, non è soltanto legato alle vicende che stanno tormentando il primo anno del tycoon alla Casa Bianca, ma è anche e soprattutto uno scontro tra due figure in contrapposizione praticamente su tutto, a partire dall'anagrafe (Trump ha 71 anni, Zuckerberg 33). Uno è il presidente attuale, l'altro colui che (forse) vorrebbe diventarlo, il primo è accusato di conflitto di interessi con la sua Trump Organization, con cui i detrattori sostengono che non ha mai veramente chiuso i rapporti.
L'altro potrebbe in futuro essere soggetto ad un altrettanto pesante conflitto di interessi per il ruolo a capo di un social media con due miliardi di utenti. Tutti aspetti che i due potrebbero trovarsi ad affrontare faccia a faccia in una eventuale sfida per la Casa Bianca. Zuckerberg, in realtà, continua a respingere le voci sulle sue ambizioni presidenziali, ma i segnali in segno contrario non mancano. A partire dal fatto che il miliardario, ufficialmente in congedo parentale per la nascita del secondo figlio sino a pochi giorni fa, ha appena effettuato un tour per gli stati americani. E all'inizio di agosto ha assunto come consulente il sondaggista democratico Joel Benenson, ex consigliere di Barack Obama e stratega della campagna di Hillary Clinton. Ufficialmente Benenson, attraverso la sua società Benenson Strategy Group, effettuerà ricerche per la Chan Zuckerberg Iniziative, associazione filantropica di Mr. Facebook e della moglie Priscilla Chan. Tuttavia non è sfuggito che l'assunzione è arrivata, con tempismo perfetto, mentre si rafforzavano le voci su un suo futuro in politica. Per lo stratega politico repubblicano Alex Conan «sarebbe formidabile se decidesse di correre» per la nomination democratica. «È come se 50 anni fa l'editore del New York Times si fosse candidato - ha precisato -. Tranne che Facebook è ancora più potente del Nyt».
Certo è che, proprio come Trump, Zuckerberg non avrebbe problemi ad aprire il portafoglio per contribuire al finanziamento della sua campagna elettorale. Dall'inizio dell'anno ha portato a casa la cifra record di 23,1 miliardi di dollari, affermandosi come l'uomo che ha guadagnato di più al mondo (finora) nel 2017.
Un balzo con il quale la fortuna a sua disposizione è schizzata a 73,1 miliardi di dollari, soli tre in meno di Warren Buffett, che il fondatore di Facebook potrebbe recuperare a breve strappandogli il titolo di quarto uomo più ricco del pianeta.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.