In Louisiana, la General Motors ha già tagliato di un quarto lo stipendio ai suoi dipendenti. Peugeot e Citroen non riescono a fabbricare i motori diesel perché manca un pezzo prodotto in Giappone che non arriva. Toyota, primo produttore al mondo di automobili, è già in ginocchio.
Londa lunga dello tsunami si abbatte sulleconomia mondiale con perdite a troppi zeri per quantificarne la stima. Lultima scossa è arrivata ieri dalla Sony che si è arresa e ha chiuso quattro fabbriche per mancanza di materie prime. Ma non è stata la sola aziende giapponese a dare forfait. Il comunicato di Panasonic, per esempio, è quasi drammatico: ha invitato a spegnere le insegne luminose di tutti gli edifici del Giappone e nelle sue aziende ha ordinato di non accendere macchinari non indispensabili. Nikon invece ha chiuso lo stabilimento a Sendai, nel quale vengono prodotte le reflex professionali. Canon ha sospeso la produzione in 8 stabilimenti.
E se la tecnologia è stata messa in ginocchio, non sono da meno i colossi automobilistici. In crisi profonda. Toyota, il primo costruttore mondiale di auto, ha fermato le linee di assemblaggio in Giappone da alcuni giorni. Prevede di riprendere il 26 marzo ma la cosa è ancora incerta perché tra i suoi 110 fornitori giapponesi circa un terzo non riescono a riprendere le loro produzioni. Anche Honda, Nissan e Subaru hanno interrotto la produzione negli impianti localizzati nelle aree del paese più colpite e stanno già calcolando i danni subiti. Ma le conseguenze degli approvvigionamenti si fanno sentire ben al di là del Giappone. La General Motors ha fermato la fabbrica in Luoisiana e i dipendenti vedranno ridotto lo stipendio del 25 per cento. In Europa, invece, il gruppo Psa (Peugeot e Citroen) non riuscirà a produrre i veicoli diesel a causa di un pezzo mancante importato dal Giappone. La produzione di quelle auto potrebbe calare anche del 60% in alcune fabbriche e provocare cassa integrazione e riduzione dellorario di lavoro. Anche Ford, che assembla gli stessi motori diesel in Europa, non rilascia ancora dichiarazioni ma potrebbe essere già in crisi. Sul fronte americano. Marchionne, amministratore delegato della Fiat, è più cauto. «Potenzialmente le ricadute ci saranno anche a livello di industria automobilistica ma non credo che durerà molto. Per il momento non vediamo impatti negativi ma è troppo presto, aspettiamo». E anche gli esperti di Asia orientale, come Carlo Filippini, Ordinario di economia politica allUniversità Bocconi, invita a non farsi trascinare dallemotività. «Il problema è linterdipendenza dei prodotti, ma abbiamo ancora dati incerti e approssimativi e non si può dire che tipo di ricadute ci saranno a livello mondiale. Serviranno dei giorni per analizzare gli effetti a catena». Filippini però sfodera un cauto ottimismo. «Innanzitutto non credo ci saranno disastri finanziari né collasso delleconomia in Giappone. Inoltre, sulla crisi del nucleare è prevalso un eccessivo allarmismo. In realtà, le quattro prefetture colpite dal sisma non superano il 5% del pil giapponese». Insomma, ci sono imprese di elettronica e di auto in ginocchio, ma il Giappone non si ferma lì. E poi nessuno ha fatto i conti con il carattere dei giapponesi.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.