«Tsunami» Seveso: ecco come la città può restare a galla

«Se non vogliamo che i fiumi esondino, ci sono due possibilità, come per una strada bloccata dal traffico. O si riducono le auto o si allarga la strada. Qui possiamo aumentiamo la capacità dell’alveo, o ridurre non tanto il volume del corso d’acqua, la sua portata, la rapidità con cui porta acqua». Enrico Orsi, professore di Idraulica del Politecnico di Milano, spiega come sarebbe possibile evitare i danni e i disagi causati dal nubifragio di sabato.
«Le opere possibili, o doverose - riflette Orsi - sono le vasche di espansione che accumulano acqua nel momento della piena e la rilasciano nelle ore successive». Grandi quanto? Tanti piccoli «Idroscali»? «Grandi piscine, con una funzione regolatrice. In parte per l’Olona è stato fatto, con una diga di laminazione, delle tre previste, che è stata realizzata sotto Varese». I problemi non mancano, e sono gli stessi che incontra la seconda soluzione, vale a dire l’ampliamento dei letti in cui scorrono i fiumi: «Uno dei problemi è che queste vasche dovrebbero essere realizzate, nel caso di Milano, in zone fortemente antropizzate. Autostrade, imprese, centri urbani, non è facile trovare lo spazio per vasche o canali. Il Seveso si infila sotto Milano a Nord, e poi esce dopo il centro. Quel che c’è sotto non si può ampliare. Si capirà che una vasca in via della Spiga è piuttosto complessa e onerosa».


Altra questione, altro problema, è la burocrazia: «Ci sono molte competenze sovrapposte - constata Orsi - e servirebbe invece un’unica autorità. Poi visto che i fiumi hanno il difetto di andare da monte a valle - ironizza Orsi - Milano va salvata dalla Brianza, così come viene considerata responsabile dell’inquinamento dell’Adriatico».

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