La situazione in Turchia diventa sempre più delicata. Non bastava il tonfo elettorale di venerdì, con il partito di maggioranza islamico moderato che non è riuscito a far eleggere il suo candidato a presidente della Repubblica. Non bastava il ricorso dellopposizione alla Corte Costituzionale per deliberare sulla validità della votazione e la crisi politica che ne seguirà. Adesso ci mancavano i moniti dellestablishment militare e le reazioni di Bruxelles a complicare le cose.
Tutto è cominciato venerdì a tarda sera, quando lAkp, il partito di maggioranza guidato dal premier Recep Tayyip Erdogan, stava ancora smaltendo la rabbia per lesito della votazione, quando le televisioni hanno cominciato a riportare le dichiarazioni del capo di stato maggiore turco, il generale Yasar Buyukanit. «Lesercito sta seguendo con attenzione tutto il dibattito sullelezione del presidente della Repubblica - ha detto lalto ufficiale -. Non si deve dimenticare che armate turche sono una parte in questo dibattito e sono protettrici determinanti della laicità dello Stato». Buyukanit ha aggiunto che lesercito è pronto a «rendere pubblica la sua posizione e i suoi atteggiamenti quando sarà necessario».
Parole che in Turchia hanno la forza di un terremoto, se si pensa che il Paese negli ultimi 50 anni è stato teatro di ben tre colpi di Stato militari, sempre finalizzati, secondo lesercito, a preservare i principi su cui si fonda la nazione creata da Mustafa Kemal Atatürk. Un funzione di garanzia, dunque, attiva anche ora che un partito islamico moderato ha deciso di candidare a presidente della Repubblica un uomo che ha militato in due partiti islamici e che ha una moglie velata.
Un ruolo che Bruxelles ha dimostrato da tempo di non gradire. E che forse non ha compreso appieno. Sta di fatto che ieri mattina, come se la situazione non fosse già abbastanza complicata, il Commissario allAllargamento, Olli Rehn, ha pronunciato parole di fuoco contro lestablishment militare turco. «È importante - ha detto Rehn - che lesercito lasci le prerogative della democrazia al governo eletto, e ciò rappresenta una prova per vedere se le forze armate turche rispettano la laicità democratica e lorganizzazione democratica delle relazioni tra civili e militari».
Prevedibile la reazione dellesecutivo. Il premier Recep Tayyip Erdogan, che in questi cinque anni di governo ha avuto rapporti difficili con i militari, ha detto che «lunità politica e la struttura sociale di questo Paese possono, a volte, essere vittime di disastri», con riferimento agli interventi armati nella vita civile del Paese, aggiungendo che certi disastri non saranno più permessi soprattutto dal popolo turco, che «ha già pagato un prezzo troppo alto». Il ministro della Giustizia, Cemil Cicek, portavoce del governo, ha affermato che la protezione dei valori repubblicani è «soprattutto dovere del governo», aggiungendo il premier ha parlato a lungo con il generale Buyukanit e che la telefonata è stata «utile e proficua».
Intanto oggi a Istanbul una parte del popolo turco scende in piazza contro Erdogan e il suo governo, in difesa della laicità dello Stato.
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