Turchia, la lunga storia di un Paese-ponte

Le Sale delle Bandiere del Quirinale faranno da cornice dall’11 gennaio al 31 marzo alla mostra «Turchia, 7000 anni di storia», dedicata alle vicende millenarie di un grande Paese, ponte fra Oriente e Occidente e meta di tanti italiani per le sue bellezze paesaggistiche e artistiche. Promossa dalle presidenze della repubblica italiana e turca in occasione della visita di Stato del presidente della Turchia e del 150esimo anniversario delle relazioni diplomatiche fra i due Paesi e organizzata da Mondo Mostre, verrà inaugurata dai due capi di Stato, Giorgio Napolitano e Ahmet Necdet Sezer. Una carrellata di una quarantina di opere per raccontare le varie fasi delle civiltà che si sono succedute sul territorio anatolico a partire dall’insediamento urbano di Çatal Hoyuk, la più grande e antica città neolitica mai ritrovata, e giungere alla disgregazione dell’Impero Ottomano, preludio alla nascita della Turchia moderna di Kemal Ataturk.
Dalla civiltà dei primi contadini della piana di Konya verso la fine dell’VIII millennio avanti Cristo alle meraviglie e allo sfarzo della corte imperiale chiusa fra le mura dorate del Palazzo Topkapi all’inizio del ’900. Un lunghissimo arco temporale che abbraccia il periodo neolitico, l’età del bronzo, le colonie assire, gli ittiti, la città di Troia, le colonie greche fino ad Alessandro, l’Anatolia romana, Bisanzio, l’impero selgiuchide e infine l’impero ottomano.
«Il mare che bagna le coste italiane e turche è un crocevia di civiltà accatastate, che si sono influenzate a vicenda nel corso dei millenni», scrive il presidente Napolitano. Civiltà che spesso si sono opposte e combattute, basti pensare al mondo greco e all’impero persiano, a Roma e a Cartagine, alle crociate e all’Islam, ma «all’indomani di ogni scontro le tessere del mosaico mediterraneo si sono ricomposte», per sconfiggere la barbarie per mezzo della collaborazione e gli scambi fra i popoli. «Nel XIV secolo, quando il Mediterraneo era lacerato dalle guerre, gli ottomani avevano rapporti politici e commerciali pacifici con le città italiane», ricorda il presidente turco Ahmet Necdet Sezer, portando a esempio la collaborazione con Genova e Venezia, l’interazione culturale con pittori, musicisti e architetti italiani come Bellini, Donizetti, D’Aranco che hanno marcato profondamente la cultura e l’arte della Turchia.
Fra le preziose opere in mostra una statuetta in calcare rinvenuta a Canhasan risalente al periodo calcolitico (IV millennio a.C.) raffigurante la madre-terra (Demetra per i Greci, Cerere per i romani), la divinità venerata da tutti i popoli antichi che hanno imparato a lavorare i campi, così come adoravano il toro, l’animale che addomesticato trascina l’aratro. Indicava il concetto di proprietà presente nel neolitico il sigillo di terracotta a motivi geometrici, mentre risalgono alla prima età del bronzo la splendida statuetta femminile in oro ed electrum (le bende incrociate dovevano rappresentare un abito da cerimonia), e il sistro in bronzo adorno di animali. In mostra anche testimonianze della raffinata cultura bizantina e islamica, l’icona di Sant’Eudossia, un bacile e una brocca smaltati e ornati di pietre preziose, un Corano ricoperto di pelle, oro, diamanti e rubini, orecchini di smalto, diamanti e smeraldi.
«Ho scelto questi pezzi - spiega Louis Godart, consigliere per la Conservazione del patrimonio artistico del Quirinale e curatore della rassegna - pensando ai momenti di maggior espansione e attrattiva della civiltà anatolica che ogni volta che riesce ad aprirsi alle altre culture esprime valori straordinari». Ciascun reperto rappresenta un elemento di questo ideale percorso, Questo il «filo d’Arianna» della mostra, dice Godart. Le dee madri sono tipiche del momento della scoperta a Konya dell’agricoltura, che verrà diffusa altrove, la scrittura nasce in Anatolia quando il Paese si apre alla cultura degli assiri i quali insieme alle sedi commerciali importano la scrittura cuneiforme. Lo stesso accade nel mondo bizantino che attraversa un momento di grande fervore intellettuale quando accoglie nel suo seno culture diverse, ugualmente nell’impero ottomano che mantiene rapporti con l’Occidente.
I piccoli e rari reperti in mostra, tavolette in scrittura cuneiforme, porcellane, coppe, lanterne, specchi, idoli, gioielli, provengono dai maggiori musei della Turchia. Dal Museo delle Civiltà anatoliche di Ankara, dal Museo archeologico e dal Museo delle arti turche e islamiche di Istanbul.

E dal Palazzo del Topkapi, dalla metà del ’400 residenza del sultani, uno dei più grandi e ricchi musei del mondo, che custodisce gioielli da mille e una notte come il favoloso diamante Kasicki di 86 carati.
Palazzo del Quirinale, Sale delle Bandiere. Orario: dal lunedì al sabato 9,30 - 13,30 / 15,30 - 19,00; domenica 8,30 - 12,00. Dall’11 gennaio al 31 marzo 2007. Ingresso libero.

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