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Turchia, la sconfitta dei laici. Torna il velo in scuole e uffici

Accordo tra i principali partiti. La legge domani in Parlamento

da Istanbul

E così presto il divieto di portare il velo islamico nei luoghi pubblici in Turchia potrebbe essere solo un ricordo: brutto per le persone più attaccate alla tradizione religiosa, bello per tutti quei turchi che vedevano nelle limitazioni al turban una manifestazione della laicità dello Stato.

L'Akp, il partito-islamico moderato al governo nel Paese e il Mhp, il Partito nazionalista, hanno trovato l'accordo per cambiare la normativa, attualmente regolata da una sentenza della Corte Costituzionale. Consiste nella modifica di due articoli della Costituzione, nello specifico il 10 e il 42, che riguardano l'uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge e il diritto di tutti i cittadini a ricevere un'educazione.

Verrà anche modificato l'articolo 17 del regolamento dello Yok, l'Istituto dell'alta istruzione turca, da sempre baluardo della parte laica del Paese. Il Mhp ha sottolineato che la nuova normativa, se approvata, varrà solo per il velo islamico della tradizione turca, che lascia il viso completamente scoperto e non per altri indumenti tipici del credo musulmano, come il chador.

Durante la campagna elettorale la «liberalizzazione del velo islamico» era stata uno dei principali cavalli di battaglia del premier Erdogan e adesso, dopo l'accordo con il Mhp, è ormai cosa fatta. I due partiti insieme, infatti, arrivano a oltre 400 deputati su 550, una maggioranza più che sufficiente a fare passare la bozza in aula. Il documento ha raccolto 348 firme e sarà discusso domani dalla Commissione Affari Costituzionali per sbarcare subito dopo in aula. L'opposizione ieri ha presentato degli emendamenti, ma servirà a poco.

Molti giornali turchi dicono che il disegno potrebbe essere sottoposto anche a referendum e allora gli islamici moderati al potere se la dovrebbero vedere con quel 34% di turchi che, stando alla stampa locale, sarebbe contrario a vedere studentesse velate entrare in scuole e università. Cosa che, a onor del vero, secondo alcuni quotidiani sta già avvenendo, come altri fatti che hanno lasciato perplessa per prima proprio l'opinione pubblica locale.

Nelle ultime settimane il quotidiano Hurriyet ha pubblicato foto e notizie circa posteggi e autobus soltanto per donne, chiaramente velate. Da mesi il quotidiano Cumhuriyet denuncia il fatto che ragazze che portano il turban entrano indisturbate in tutti gli atenei del Paese. Lo scorso luglio, Kübra, figlia dell'attuale capo dello Stato, Abdullah Gül, si presentò con il velo in testa anche il giorno della sua laurea, scatenando il finimondo.

L'aria nel Paese è tesa non solo perché il turban è visto più come un simbolo politico che uno religioso, ma anche perché con questo gesto Erdogan ha apertamente sfidato le schiere più laiche dello Stato. Settimana scorsa la Corte di Cassazione e il Consiglio di Stato avevano reagito duramente all'ipotesi di rendere libero l'uso del velo islamico, parlando di «pericolo per la laicità dello Stato e per la pace interna del Paese». A loro Erdogan ha mandato a dire che non hanno alcun potere sulle decisioni del Parlamento.

Le istituzioni economiche hanno chiesto al governo di pensare ai reali problemi della Turchia. Qualche voce di dissenso c'è stata anche nell'Akp. Husnu Tuna, deputato di Konya, nei giorni scorsi aveva detto di essere contrario alla modifica della normativa. Adesso potrebbe finire davanti alla commissione disciplinare del partito. Gli unici a tacere sono i militari.

Un silenzio che in Turchia a molti suona strano.

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