Qualche giorno fa un'amica mi ha scritto: «Sono stata a Berlino, che città fantastica. Se rinascessi verrei a vivere qui». Questa amica non vive in una tranquilla città della provincia italiana, ma nella vivace, affascinante, imprevedibile Istanbul. Eppure preferisce Berlino. Qualche anno fa non sarebbe stato immaginabile. La capitale tedesca non veniva nemmeno considerata tra le grandi mete europee. Chi voleva trascorrere un week-end in una grande città all'estero pensava a Parigi, Londra, Barcellona, o Vienna, Praga, San Pietroburgo.
Oggi invece Berlino è una meta seducente per la sua ritrovata freschezza, per l'effervescenza culturale e per il suo valore simbolico. Non è un mistero: la Germania oggi è il Paese di riferimento dell'Unione europea; è quello che ha retto meglio alla crisi e che le crisi è chiamato a risolvere. I timori sull'insolvenza della Grecia sono evaporati quando la cancelliera Angela Merkel si è occupata personalmente del dossier greco.
La Germania fa da ponte tra la Francia e i Paesi dell'Europa dell'est, tra la Scandinavia e l'Italia, è la potenza che dialoga con la Russia. È il crocevia politico, economico, culturale. Se vuoi capire l'Europa non puoi non venire a Berlino.
Ma la capitale tedesca ha anche un passato. Sofferto, tormentato, è il simbolo dei grandi avvenimenti della storia europea degli ultimi cento anni. Il cuore della vecchia Berlino è stato distrutto dai bombardamenti, ma qualcosa è rimasto dell'antico splendore e talvolta, camminando per i quartieri che si sono salvati, hai l'impressione che le pietre parlino, narrando lo splendore dell'epoca imperiale, e poi il rimorso per l'orrore del Terzo Reich.
Berlino è anche il simbolo della Guerra Fredda, che ha opposto l'Occidente all'Unione Sovietica. Una città che per tanti anni è stata divisa in due dal Muro. Il benessere e la libertà da una parte, la povertà e l'oppressione dall'altra.
All'inizio degli anni Novanta seguii per il Giornale il processo di unificazione tra la Germania dell'est e quella dell'ovest e ricordo con precisione il senso di smarrimento e di squallore che provavo quando, ormai liberamente, andavo dall'altra parte, superando il check-point Charlie e gli altri varchi. Ora, invece, ho l'impressione che i quartieri commerciali della vecchia area occidentale siano i meno affascinanti e che la vera Berlino sia quella che un tempo era comunista, benché a ricordare l'antica separazione ci siano solo poche decine di metri del Muro, lasciati a testimonianza di quellepoca, e una lunga striscia rossa che permette di ripercorrere il perimetro della separazione.
Il grande miracolo è che Berlino è tornata ad essere una città unica, ben amalgamata, in cui la diversità dei suoi quartieri diventa un motivo di originalità. Un'armonia della diversità. Insomma, un miracolo.
E poi ci sono i berlinesi, con la loro cortesia, che smentisce gli stereotipi sui tedeschi. Berlino è una città rilassante, che non stordisce, che non opprime. Una città in cui è gradevole passeggiare, multietnica, come ormai tutte le grandi metropoli, ma senza le tensioni e le diffidenze, palpabili a Roma o a Milano.
Il Giornale mi ha chiesto di accompagnare i lettori in questo viaggio e ho accettato di cuore, per la seconda volta, dopo la splendida esperienza in Terra Santa nel febbraio del 2009. Sarà un'occasione per apprezzare assieme a voi Berlino e per analizzare, con un grandissimo giornalista come Livio Caputo, i grandi temi della politica e dell'economia internazionale.
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