nostro inviato a Potenza
Il «giardino di Elisa» è lungo sei metri e largo due: un fazzoletto di asfalto intriso di lacrime sincere e stille di ipocrisia. Sentimenti puliti (pochi) e sporche maldicenze (tante) si alternano da 140 giorni davanti al sagrato della Santissima Trinità, la chiesa dei misteri di Potenza che per 17 anni ha celato agli uomini - ma non a Dio - il cadavere di Elisa Claps.
Allindomani del ritrovamento, lo scorso 17 marzo, del corpo mummificato della studentessa sedicenne nel sottotetto della Cattedrale, sui gradini di ingresso alla basilica cominciarono a fiorire bigliettini, piantine, pupazzi; erano i primi semi di quello che, qualche giorno dopo, sarebbe stato ribattezzato il «giardino di Elisa». Nel tempo il «giardino» si è ampliato, germogliando anche ai lati della scalinata: un«aiuola» che la gente innaffia alternando lacqua pura della solidarietà a quella putrida della curiosità morbosa.
Per cento, mille volte, lo sguardo si ferma sul foglio attaccato con lo scotch sul portone principale che dà su via Pretoria, la strada dello «struscio»: «Edificio sottoposto a sequestro giudiziario»; la gente passa, legge, a volte si fa il segno della croce. Affisso sul portone laterale un comunicato della Curia lucana datato 18 marzo: «Le Messe sono sospese per tutta la settimana». Altro che «una settimana», da allora ad oggi sono trascorsi oltre quattro mesi. E la Santissima Trinità non ha mai più riaperto.
Tristemente il portone chiuso in faccia ai fedeli, il «giardino di Elisa» trasformato in un discutibile vivaio dei sentimenti, sono diventati luoghi «turistici», meta del pellegrinaggio - più profano che sacro - di chi in questi giorni destate visita il capoluogo lucano.
A tutti è giunta leco angosciosa del caso-Claps, ma chi passa da Potenza non si accontenta più delle voci di ritorno: vuole toccare con mano, fotografare i peluche e le letterine dedicate all«angelo Elisa». Di fianco alla porta della Santissima Trinità cè perfino una specie di bacheca dove un mezzo matto, autoproclamatosi «custode del giardino», affigge «comunicati» che «informano» sugli sviluppi dellinchiesta.
Già, linchiesta. Di sicuro si sa solo che Danilo Restivo (il sospettato numero della morte della ragazza, uccisa con 13 coltellate) è in carcere in Inghilterra con laccusa di aver ammazzato nel 2002 la sarta Heather Barnett.
La Procura della Repubblica di Salerno è convinta che Restivo sia il killer anche della studentessa potentina che la mattina del 12 settembre 1993, prima di sparire nel nulla, incontrò per lultima volta Danilo proprio allinterno della Santissima Trinità. Da allora 17 anni di ricerche pasticciate che non portarono a nulla, se non alla condanna di Restivo a 8 mesi per falsa testimonianza. La Cattedrale fu ispezionata più volte, ma nessuno andò a controllare lì, nel sottotetto, lanfratto che per 17 anni ha inghiottito sotto uno strato di mattoni e calcinacci i resti martoriati di Elisa. Una storia assurda, come assurde sono le fasi che hanno portato al ritrovamento del cadavere.
«Tanti, troppi depistaggi. E tante, troppe coperture», hanno sempre accusato il familiari di Elisa. La mamma della studentessa, nel corso dellultima puntata di «Chi lha visto», ha urlato: «Cè chi ancora oggi vuole nascondere i nomi di personaggi potenti. Ma se questi nomi non verranno fuori, farò scoppiare un terremoto!».
La notte del 29 luglio una mano anonima ha deciso di sradicare il «giardino di Elisa»: via gli striscioni che chiedevano giustizia, scomparsi i bambolotti, sparite le poesie, le dediche, i disegni, i fiori, le piantine. Ma il «custode del giardino di Elisa» non è rimasto a lungo senza lavoro: nel giro di 24 ore striscioni, bambolotti, poesie ecc. sono riapparsi più numerosi di prima. Per la soddisfazione dei «turisti» che filmano lo spettacolo e chiedono di poter entrare nella basilica.
Assomiglia tanto a Elisa.
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