Tutti gli affari (non sempre leciti) del Ventennio

Matteo Sacchi

Difficile fare il punto sull'amministrazione e la politica del Ventennio fascista. Esiste un mito fatto di treni che arrivavano in orario e di bonifiche; e un antimito che accusa il fascismo di ogni nequizia, anche amministrativa. Lo storico Mauro Canali insieme con il documentarista Clemente Volpini provano a indagare sul tema, a partire dal mare di carta prodotto dalla Commissione che, dal 5 agosto 1943, si mise ad indagare sulle fortune illecite dei potenti che facevano parte della nomenclatura in orbace ormai caduta in disgrazia. Ed ecco Mussolini e i ladri di regime. Gli arricchimenti illeciti del fascismo (Mondadori, pagg. 234, euro 22).

Subito dopo l'arresto di Benito Mussolini nelle città italiane partirono i moti di piazza e gli assalti alla casa dei gerarchi. A Torino la folla irruppe nella casa del federale Andrea Gastaldi. Il bottino? «223 bottiglie di vino scelto, 30 di liquori, 18 chili di nocciole, altrettanti di zucchero, 5 di fagioli... carne, sardine sott'olio, pesche sciroppate, miele, biscotti, 2 chili di salame, mezzo prosciutto...». Oggi questo elenco può far sorridere ma nell'Italia della fame e del razionamento erano ricchezze sufficienti a provocare una sommossa. Fu così che Badoglio e il Re, pur con mille tentennamenti, misero in piedi la commissione illeciti. A capo della Commissione fu messo Ettore Casati, presidente della Suprema corte di Cassazione. Casati, che aveva fatto parte del comitato scientifico della rivista Il Diritto razzista, era riuscito chissà come a crearsi la nomea di antifascista. Chiese comunque a Badoglio di chiarire i limiti del suo mandato. Il quale gli disse di procedere senza problemi, ma nessuno indagò sui beni che lo stesso Badoglio si era portato a casa dalle campagne africane. Dopo il ribaltone dell'8 settembre, anche se può sembrare incredibile, Mussolini mantenne all'opera la Commissione. Ora, ovviamente, le magagne badogliane erano raccontabili, altre si potevano invece mettere sotto il tappeto. Ma col senno del poi in tutti quei documenti appaiono rintracciabili connivenze di ogni tipo: Pavolini con le aziende cinematografiche, Farinacci che spolpa Cremona, persino il razzismo trasformato in mercimonio.

E dire che proprio Mussolini aveva iniziato con il denunciare i pescecani di guerra nel 1919... Sarà qualunquista dirlo, ma i regimi cambiano, l'affarismo resta. E se cambiare casacca è un buon affare, la cambia al volo.

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