Agosto è agli sgoccioli. Il rientro è cominciato per molte famiglie. Molte di queste sono impegnate nellacquisto dei libri di testo per i figli. E, come al solito in questa occasione, infuria la polemica sullalto costo dei libri adottati dagli insegnanti. E, come al solito, al centro delle accuse cè lalta spesa per acquistare i libri di una quarta ginnasio. Perché in questa prima classe del liceo classico cè la presenza di due vocabolari, quelli di greco e di latino. Che indubbiamente costano, ma sono indispensabili per ben cinque anni.
Daltra parte questanno il ministro Gelmini ha obbligato tutti noi insegnanti, al momento della adozione dei libri di testo a maggio, a bloccare le nuove adozioni per ben cinque anni. Cosa che abbiamo fatto. E questo sarà un vantaggio economico: lo scorrere degli anni senza cambio di libri di testo permetterà di ammortizzare la spesa. Non solo. Molti di noi insegnanti non hanno adottato i cosiddetti libri antologici. Ad esempio, nel mio caso, non ho adottato antologie con testi di Cesare, oppure Orazio, oppure Lisia in greco. Useremo fotocopie, o ci serviremo delle letterature già adottate per scegliere testi dautore durante i tre anni di liceo. Mi sembra che con molta onestà si faccia di tutto per venire incontro alle famiglie.
Ma non riesco a capire perché la scuola e i suoi costi culturali siano bistrattati come inutili o quasi. Tutto ciò che è cultura, e quindi immateriale, deve rimanere nel limbo del non economico. Il motorino non ha prezzo, e i libri scolastici invece debbono subire il calmiere del tempo di guerra. Mi sembra cioè che si applichino da parte della società italiana due pesi e due misure al vivere sociale stesso. Ciò che è pubblico viene visto come un costo predatorio, con la scusa che si pagano già le tasse. Spendere cifre iperboliche per vacanze tutto compreso è un dovere sociale da esibire. Spesso e volentieri queste cifre sono esibite da liberi professionisti che hanno percorso tutto il curriculum scolastico sino alla laurea, ed oggi si permettono un tenore di vita dettato dalle loro parcelle. Nessuno generalmente le discute, in quanto siamo in un libero mercato. Un testo di scuola sembra invece il frutto di uno Stato che impone una logica di minaccioso esborso da parte di famiglie impossibilitate a spendere di media nel primo anno di Liceo qualcosa come 500 . Cifra che può essere investita sul futuro di un figlio da una famiglia media in unItalia non ancora del tutto scombinata economicamente.
E poi ci sono mille modi per riuscire a moderare la spesa dei libri scolastici. Le famiglie giustamente sindustriano. O dagli amici, o dai parenti, o dai conoscenti riescono spesso a reperire qualche testo ancora in buono stato. Oppure si va in librerie specializzate che acquistano libri già usati, e li rivendono con una ricarica non eccessiva di prezzo.
Quel che forse non si riesce a far passare in questItalia sempre un po schizofrenica è che la forma libro è capitale nella formazione di ogni bambino, come di ogni adolescente, su su sino alletà adulta. Internet non riuscirà mai a spazzar via loggetto libro. Quando si va in una libreria specializzata in testi economici o giuridici si constata con mano diretta il loro vero costo. Non si vede perché il libro scolastico debba subire una condanna da mentalità socio-comunista, stile anni Settanta. O meglio: tutto ciò che riguarda la scuola, ormai ultima postazione di sinistra di unItalia che è andata altrove, e guarda altrove. La scuola invece sembra venga vista come lultimo baluardo di una società che si voleva negli anni Settanta. Luogo in cui tutti i conflitti sociali dovevano essere ammortizzati, e con questi anche quelli economici.
* docente liceo Classico «Alessandro Volta» - Como
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