Tutti contro tutti: si dimettono i vertici lombardi

Tutti contro tutti: si dimettono i vertici lombardi

Milano - È il giorno dopo un brutto colpo in testa, e le primarie lascia­no parecchi contusi. Ha vinto il Ni­chi Vendola di Milano, l’avvocato Giuliano Pisapia. I vertici del Pd milanese hanno l’ariastordita,fra­stornata, tentano di salvare la fac­cia dopo aver per­so la partita. Così annunciano pub­blicamente la di­s­ponibilità alle di­missioni Rober­to Cornelli, segre­tario metropolita­no, Francesco La Forgia, segreta­rio cittadino, e Pierfrancesco Majorino, capo­gruppo del Pd in Consiglio comu­nale.

Sono tutti e tre giovani ma non è sufficiente a sal­varli dall’ansia rottamatrice di Giuseppe Civati, il Renzi della Ma­donnina. «Le dimissioni? Un se­gnale importante» fa sapere attra­verso Affaritaliani , mentre la con­ferenza stampa è ancora in corso. Gira voce che il passo indietro sia stato richiesto dal segretario, Pier Luigi Bersani. Toni civili, aria da re­golamento dei conti. La Velina ros­sa punta il dito in alto e chiede le dimissioni di Filippo Penati, capo segreteria di Pier Luigi Bersani: «Non è più possibile non chiedere un atto di umiltà politica con le di­missioni dagli incarichi nazionali e locali per Penati».

Giuliano Pisapia, della sinistra radicale, ha vinto le primarie da candidato sindaco, stracciando Stefano Boeri, l’architetto del­l’Expo tirato fuori come il coniglio dal cilindro dai di­rigenti locali e ap­provato da Bersa­ni. Il Pd ha preso una bella tranva­ta: militanti ed elettori non han­n­o raccolto le indi­cazioni di voto e in molti hanno di­­sertato i seggi. Il calo di affluenza parla chiaro: han­no votato meno simpatizzanti del passato.

A complicare le cose il buon risul­tato del terzo sfidante, il settan­taquattrenne ex presidente della Consulta Valerio Onida, che ha collezionato più del 13 per cento dei voti, segnalando con chiarez­za il malumore del voto cattolico (gli ex popolari e non solo). Onida si era lamentato del sostegno uffi­ciale del Pd a Boeri, adesso viene accusato di essere la causa della sconfitta del Pd. Il segretario Cor­nelli attacca: «Alcune sparate di giovani settantenni rottamatori non hanno aiutato. Abbiamo assi­stito a uno stravolgimento delle primarie, trasformatesi in un refe­rendum pro o contro il Pd».

Come capita in questi casi, fioc­cano i «l’avevo detto io». Il vicese­gretario del Pd si è fatto portavoce del disagio: «Il voto milanese va ac­cettato ma disegna scenari sui qua­li sarà bene riflettere in profondità prima che sia troppo tardi». Un ru­moroso commento arriva dalla presidente del Pd, Rosy Bindi: «Avevo consigliato il mio partito di non schierarsi nelle primarie di Milano. Non per ignavia, ma per­ché eravamo di fronte a tre autore­volissimi candidati. Il Pd avrebbe potuto comunque vincere queste primarie dichiarando dall’inizio che avrebbe appoggiato, come del resto farà, qualunque candidato avesse vinto». Invece il Pd ha puntato sul caval­lo perdente; l’unico ad aver messo il cappello bene in testa a Giuliano Pisapia è Nichi Vendola, che ha tra­scorso un’intera giornata a Mila­no tra piazze e teatri per sostener­lo.

Adesso il vincitore si gode la soddisfazione di non dovere dire grazie al Pd, anzi di avercela fatta nonostante la macchina del parti­to ( o quel che ne resta) avesse pun­tato sull’avversario. Filippo Pena­ti, capo della segreteria di Bersani, tenta di alzare la voce: «Serve il Pd in campo per battere la Moratti». Giuliano Pisapia a mezzogiorno spiega con garbo che lui si muove dentro le mura della città e che di interferenze romane non vuole sentir parlare: «Non ho sentito Ber­sani perché mi occupo di Milano. I vertici locali del Pd sono il mio rife­rimento e io sarò il loro. Nella poli­tica nazionale ci sono tanti molto più bravi di me che penseranno a governare il Paese».

Un’alleanza organica con il Pd, magari con un ticket? «Non ho pensato alla squadra e per ora non voglio farlo - risponde sereno Pisa­pia - .

Voglio parlare con tutti, dal centrosinistra ad altri che non han­no partecipato alla coalizione nel passato. Intendo tutti gli altri, nel senso più ampio». Nomi e cogno­mi non ne fa, ma vengono in men­­te Italia dei valori, Grillo, Emergen­cy e chi più ne ha più ne metta.

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