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Tutti (già) pazzi per Indiana Jones

Trionfo sul red carpet. Wang Bing racconta gli operai cinesi

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Cannes. È arrivato il giorno di Indiana Jones, cui ieri è stata dedicata la serata di gala in vista della presentazione ufficiale del film, prevista per oggi. La quinta puntata della saga prevede che il celebre archeologo affronti la sfida spaziale tra Stati Uniti e Urss negli anni della Guerra fredda in cui il film è contestualizzato.

E ieri sera l'attenzione sul red carpet è stata monopolizzata dal coreografico gruppo di aborigeni che ha accompagnato la delegazione del film, girato dal regista James Mangold con Harrison Ford nei panni del famoso protagonista. Tutti hanno sfilato con Indiana Jones, in smoking con farfallino, e Mads Mikkelsen, il cattivo della puntata, che già aveva fatto capolino l'altro ieri per l'inaugurazione della kermesse. Il titolo debutta a livello mondiale fuori concorso a Cannes, un po' come l'anno scorso era toccato a un altro mito del cinema con Top gun.

Oggi invece sarà il giorno della proiezione ufficiale, cui seguirà l'incontro con il cast. In passerella anche i protagonisti del film francese Le Retour che ha sollevato qualche polemica per le scene di sesso tra minorenni, in realtà tagliate all'ultimo minuto, mentre sono rimaste quelle del rapporto saffico fra due dei giovani personaggi. Il film ha un taglio vagamente autobiografico, come ha spiegato ieri mattina la stessa regista Catherine Corsini, di origini corse, che ha ripercorso parte della sua gioventù anche se la trama del film è pura finzione. Si narra la storia di una madre che torna sull'isola dopo 15 anni con le due figlie, che colgono l'occasione per fare luce su pieghe sconosciute della loro famiglia tra imprevisti e sorprese che hanno animato questa sorta di ritorno a casa.

Nel pomeriggio era stata la volta del cinese Wang Bing - già Pardo d'oro a Locarno con un discusso film sulla morte di una malata di Alzheimer - che ha presentato Jeunesse, una maratona di tre ore e mezza sulle condizioni del lavoro nel segmento tessile in Cina. Lo chiamano cinema verità ed è il lato oscuro del documentarismo in cui il regista orientale è specializzato.

Ma in platea, molti non hanno retto fino alla fine il pesante spaccato.

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