Seikichi Uehara insegna karate. I suoi allievi sia allenano con lui sulla spiaggia di Okinawa. Nell’arcipelago a sud del Giappone le arti marziali sono uno dei tesori ereditati dall’antico regno ryukyu. Così il maestro Uehara continua a dare lezioni e non si cura dei suoi 97 anni. Okinawa è l’isola dove il tempo non si ferma, e gli abitanti riescono a stare al suo passo. Lo chiamano il popolo più longevo della terra: Okinawa è il paradiso dei centenari (54 ogni centomila abitanti, contro i cinque-dieci ogni centomila degli Stati Uniti) e dei geriatri, che da anni inseguono i loro segreti. Ora li hanno raccolti in un libro, Okinawa l’isola dei centenari, pubblicato in Italia da Sperling & Kupfer. Uno degli autori è D. Craig Willcox, antropologo e gerontologo canadese che ha scoperto l’isola 15 anni fa col gemello Bradley J. e non se n’è più andato, affascinato dal mito della salute di ferro. E con la convinzione che il modello Okinawa si possa esportare, anche in Occidente.
Il segreto è nei geni?
«Non solo. È vero che i fratelli dei centenari tendono a vivere a lungo: un sistema immunitario forte è una garanzia. Ma i geni contano per il 30 per cento: il resto dipende dallo stile di vita».
Quali sono i fattori chiave?
«L’alimentazione, l’esercizio fisico costante, un atteggiamento spirituale che elimina lo stress e una struttura sociale molto forte».
Quanto conta la dieta?
«È fondamentale. I consumi di prodotti a base di soia sono enormi. E quelli di verdura, fino a 960 grammi al giorno. Le proteine arrivano dal pesce, i carboidrati da una patata dolce rossa. E poi il tè verde con la curcumina: insieme hanno effetti neuroprotettivi, antistress e immunostimolanti».
Bisogna mangiare poco?
«Sì, per tutta la vita. L’abitudine alla dieta ipocalorica è hara hachi bu: alzarsi da tavola quando non sei pieno. Diciamo all’80%».
Come vivono i centenari?
«La maggior parte è in salute, un terzo è indipendente: cucinano, fanno passeggiate, chiacchierano, alcuni lavorano ancora. Ma il vero record sono gli anni vissuti senza i disagi e le disfunzioni della vecchiaia».
A che età invecchiano?
«Verso i 95 anni. Prima gli abitanti continuano a lavorare come contadini, pescatori o in ufficio».
Nessuna malattia?
«La prima ragione per cui gli abitanti vivono così a lungo è la salute perfetta del loro cuore. L’aspettativa di vita media è di 81,2 anni: la più alta in assoluto. E arriva a 87 per le donne».
Di che cosa muoiono i centenari?
«Di vecchiaia. Sono molto fragili. Una donna di 107 anni una sera ha preso il raffreddore: se n’è andata la mattina dopo. Le hanno fatto l’autopsia e le sue arterie erano ancora perfette».
Parliamo di stress.
«Sono particolarmente resistenti. Eppure hanno avuto vita dura: la seconda guerra mondiale, con una battaglia sanguinosa, la povertà, molti dei centenari hanno perso i figli. Hanno una capacità straordinaria di riprendersi, di non arrendersi mai. Il loro ottimismo li rende adattabili a qualunque situazione».
Il modello Okinawa si può esportare davvero?
«Sì. Non bisogna comportarsi esattamente come loro: basta seguirne i principi. Se non troviamo un alimento possiamo sostituirlo con uno simile».
È difficile da seguire?
«Lo stile di vita si cambia solo per piccoli passi. Ma si può: io ho cominciato dieci anni fa e mia moglie, che è di Okinawa, è la manager della mia salute».
A Okinawa esistono i vizi?
«Pochi. Alcol con moderazione, niente fumo».
Nessuna eccezione?
«Ushi Okushima beve. Ha 106 anni, fino ai 102 ha lavorato nei campi. Oggi la pagano per vendere al supermercato: attira i clienti».
I centenari sono felici?
«Sembrano divertirsi.
Lei a che età pensa di arrivare?
«Non ho i geni per raggiungere i cento. Però mangio bene e poco, almeno ai 90 dovrei farcela. Se non esagero con la birra».
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