Mi ha telefonato un ex alunno del Ginnasio-Liceo DOria (dei miei tempi) e mi ha raccontato unepisodio dellultimo giorno di scuola del 1966, quando le lezioni finirono in anticipo rispetto alla data canonica del 15 giugno in quanto ci furono le elezioni comunali di Genova del 1966 vinte poi dalla lista di centro-sinistra guidata da Pedullà, e ci fu un fatto che oggi ci farebbe sorridere: un ragazzo di 15 anni si era presentato a scuola in Lacoste e senza giacca come invece aveva fatto per tutto lanno scolastico e venne ripreso dallinsegnante di lettere che gli disse: «Qui siamo al liceo DOria e non al mare».
Il ragazzo disse che avrebbe chiesto alla madre di portargli la giacca, usci dallaula accompagnato dallallora bidello in tuta nera per andare in segreteria a far telefonare a casa per farsi portare una giacca e poi tornò in classe quasi alla fine della prima ora di lezione; restava la seconda ora di francese ed il professor Tron fu informato ma non ne fece un problema anche perché alle 10 sarebbe suonata la campanella dellultimo giorno di scuola e poi arrivederci al 1° Ottobre per i promossi ed al primo lunedì di settembre per i rimandati in qualche materia; il bello fu che la madre arrivò a portare la giacca allalunno «descamisado» verso le 9.30 per cui fece in tempo a vestirsi con la giacca in aula come gli aveva detto linsegnante di Lettere.
In effetti le ragazze che avevano il grembiule erano avvantaggiate rispetto ai ragazzi ed anni dopo quando andai a trovare un amico che insegnava al Don Bosco di Hong Kong e vidi tutti gli studenti sia ragazzi sia ragazze vestiti con la stessa uniforme della scuola capii che la scuola italiana era rimasta indietro visto che alle scuole elementari tutti noi avevamo il grembiule con il colletto bianco d il fioco blu per i bambini mentre per le bambine era previsto il fiocco rosso; dopo alle scuole medie inferiori e poi alle medie superiori le ragazze continuavano a portare il grembiule (nero ai licei e blu agli istituti tecnici) mentre i ragazzi vestivano in borghese e soprattutto al ginnasio ed al liceo portavano sempre giacca e cravatta.
Ed ora passo dal passato al presente per dire che vivere di «miti» come piace a tanti... non serve a guardare avanti perché oggi vediamo dei manifesti per il «Mito» del genovese Goffredo Mameli, di Giuseppe Mazzini, convegni dedicati alle «glorie passate» della città come quella che ricordava i fasti industriali degli anni 30, del calcio italiano nato a Genova, e poi i «miti» delle scuole genovesi sia statali come il DOria sia private come il Vittorino da Feltre o lArecco... ma con tanti «miti» nessuno spiega come mai la città del XXI Secolo ha perso 250.000 abitanti rispetto a 50 anni fa, come mai basta un po di pioggia, un incidente in autostrada e la città si blocca per ore con migliaia di auto in coda magari con il bollino blu ma con migliaia di ton. di gas di scarico emesse inutilmente. Oggi occorre guardare avanti al 2020-2030 e non solo trincerarsi dietro a «miti» che se poi andiamo a valutarli dal vero sono spesso miti della mutua... perché si tratta di un modo di giustificare che la situazione odierna è colpa del fato e non delle persone che si giustificano sempre dicendosi che le colpe sono sempre e solo di qualcun altro come a volte leggo nelle interviste al Presidente della Camera di Commercio di una città che vede sempre più strade con le saracinesche un tempo aperte ed oggi abbassate con un cartello (Affittasi oppure Vendesi) e... va tutto bene!
Una città che vive di soli «miti» del passato ne resterà poi prigioniera e non inizierà mai quella vera risalita per la quale ci vuole sia lolio di gomito come hardware ma soprattutto ci vuole un nuovo software che purtroppo manca da decenni e non servono le solite frasi fatte, i soliti convegni, sui soliti problemi, le solite facce che ci dicono che «Genova ha le potenzialità»... ma non ci dicono come mai sia cosi difficile passare dalla Potenza allatto!
Mi ha fatto piacere leggere lo scritto del (compaesano) dott.
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