Cronaca locale

Tutto esaurito nella vendita online del tribunale

Dalla chitarra ai motori per sommergibili. Il cancelliere: «Gente impazzita, come ai saldi»

Raffaella Regina

Dallo spillo all’aereo. Tutto. È stato venduto proprio tutto, fino all’ultimo articolo di una collezione quantomeno «bizzarra». Ma partiamo dal principio. Siamo nel 2005 quando i beni dei fratelli Borra, ex-proprietari della storica emittente radiofonica One-o-One e coinvolti in una brutta storia di truffe e riciclaggio, vengono messi sotto sequestro giudiziario. Si tratta di decine di migliaia di oggetti, raggruppati da Angelo e Caterino Borra durante un arco di tempo di circa dieci anni e accumulati in un capannone a Montebello della Battaglia, in provincia di Pavia. Si va dalla macchina da cucire, alla cassettiera, dalla chitarra elettrica, al cardiotachimetro, fino ad arrivare ai pezzi più ambiti, auto e moto d’epoca, e poi barche, aerei, motori per sommergibili. Addirittura macchinari agricoli, gru, computer, dischi, riviste, caschi da moto e vetture d’epoca. Pensate a un oggetto, uno qualsiasi... ecco c’era anche quello.
Tutto questo materiale, per la prima volta non è stato venduto in blocco a un singolo acquirente, ma è stato esposto sul sito della Procura che ha proceduto con la vendita al dettaglio, facendo la gioia di 5.000 persone. Inutile dire che il sito è stato preso d’assalto e la «merce» letteralmente fagocitata dai vari appassionati. Si sono create vere e proprie scuole di pensiero per diverse tipologie di acquirenti. Quelli che «io quell’auto la devo avere ad ogni costo» e quelli che «qualsiasi oggetto fa brodo». Via libera quindi all’oggetto inutile ma rappresentativo, solo per poter dire «io c’ero, ho partecipato alla prima asta della Procura» salvo poi portarsi a casa fantastici oggetti, inutilizzabili.
Il dottor Roberto Galullo, cancelliere della Procura di Milano, si è occupato della vendita online e ha assistito, durante le due visite al capannone, organizzate per promuovere la compravendita, a scene sconcertanti. «Ho visto gente piangere davanti agli oggetti, moto, automobili - spiega Galullo - che magari avevano cercato per una vita. Articoli con un valore affettivo inestimabile, come per esempio l’aereo che abbiamo venduto a un ragazzo. Lo guidava suo padre da giovane. Ma anche molta gente che si affannava per accaparrarsi un qualsiasi bene, come quando ci sono i saldi. Una vera e propria corsa all’oggetto».
Molti coloro che sono arrivati da fuori. Per esempio dall’Austria, ma anche dagli Stati Uniti. Un americano, che vive a Miami, pare abbia comprato una cinquantina di pezzi tra Vespe e Lambrette. «Se le è portate via con un container - racconta il cancelliere - per rivenderle a sua volta tramite un sito internet. Poi un ragazzo di Londra che ha acquistato sette moto».
Addirittura è nato un portale web (www.MotoEpocaWeb.it) con l’intento di mettere in comunicazione tutti gli appassionati di moto coinvolti o interessati alle «vendite Borra». Qui si potevano, e si possono tuttora, trovare i consigli sul restauro delle vetture acquistate ma anche vedere il «prima e dopo» delle «due ruote» riportate all’antico splendore.
La distribuzione dei beni si è conclusa gli ultimi giorni di giugno «e per fortuna - aggiunge Roberto Galullo - perché fino a qualche settimana fa ricevevo un centinaio di e-mail al giorno. Abbiamo trattato con più di cinquemila persone per un giro di affari di quasi tre miliardi e mezzo di euro». Un bel gruzzoletto che, nel caso i due fratelli fossero condannati, andrebbe in parte all’erario e in parte servirebbe a risarcire i creditori delle procedure fallimentari truccate. E in caso contrario? «Be’, a quel punto - conclude il cancelliere della Procura - questi soldi tornerebbero nelle tasche di Angelo e Caterino Borra».

Non è difficile immaginare cosa farebbero del milionario bottino.

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