Torno subito a scrivere di Pietro Leemann, chef e titolare di Joia a Milano, perché dimostra di tenere un rapporto diretto e intelligente con i mass media e i suoi clienti. Non ha pr e uffici stampa, come tutti i big allestero che considerano una puntuale informazione parte integrante della gestione di un locale, ma lo stesso riesce, grazie a normalissime e-mail, a tenere informati chi segue il suo lavoro e può essere stimolato a prenotare sapendo per tempo le novità.
Dopo il grande lavoro sul menù vegetariano, il ritorno dei piatti di pesce che solo allapparenza sono un controsenso. A parte che sullinsegna è scritto «Alta cucina naturale», che ha un significato ben preciso tanto che esistono anche carni assolutamente naturali, il primo passo è il rifiuto della carne (e tanto a molti basta per una alimentazione verde). Da questo un menu degustazione, Il gusto dellacqua, a 88 che è un viaggio nel pescato di mare, con piatti da nomi ironici e sognati. Ha spiegato Leemann, parole che aiutano a capire come la cucina, nelle sue varie forme, è pensata e che lidea, lintuizione è solo la scintilla iniziale: «Sono tutti piatti inediti e con delle nuove idee verso unessenzialità e una semplicità di gusto. Elogio alla freschezza è unevoluzione del pesce in carpione preparato però con dei pesci crudi e non cotti. Con Francesismo propongo un piatto che proponevamo da Girardet nel lontano ma vicino nella mia memoria 1982. Nei tagliolini, con tartare di branzino, broccoletti e canocchie, concentro la proteina del frumento e quella delle uova per un risultato notevole nel gusto e nella consistenza. Con gli gnocchi di castagne guardo invece al mio vissuto in Cina», tanto che il piatto si chiama Quel giorno a Canton una foschia sottile avvolgeva ogni cosa.
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