da Milano
Unicredito-Capitalia si farà. Qualcuno già azzarda il nome: Unitalia. E forse già il prossimo fine settimana potrebbe essere decisivo, con la convocazione urgente dei consigli damministrazione.
Ieri il centro di Milano è stato il teatro di una serie di fitti incontri. Il presidente di Capitalia, Cesare Geronzi, era nella sede milanese di Piazza Edison già la mattina presto, dove ha incontrato Salvatore Ligresti, socio anche in Mediobanca e Generali. Poco dopo, a meno di 500 metri di distanza, in piazza Cordusio, il direttore generale di Mediobanca, Alberto Nagel, arrivava a piedi nella sede di Unicredit, dove era presente Alessandro Profumo.
Nello stesso palazzo, nel pomeriggio, sono stati visti entrare vari membri del cda e di comitati ristretti come quello di presidenza (che valuta le scelte strategiche da sottoporre al cda) e quello esecutivo della banca milanese. Sono arrivati i vicepresidenti Gianfranco Gutty (vicario), e Fabrizio Palenzona, espressione delle due grandi fondazioni azioniste Cariverona e Crt; Luigi Maramotti e Roberto Bertazzoni, consiglieri di nomina privata. Ufficialmente non si è svolto alcun comitato. Ma nei fatti Profumo avrebbe esposto loperazione perché i soci comincino a valutarla. Un progetto già in stato avanzato tanto che - nota qualcuno - non ci sarebbe nemmeno stata la necessità di avviare su Capitalia una due diligence.
Il nodo del concambio sarebbe non particolarmente ostico. Si vocifera di un prezzo per azione Capitalia tra 8 e 8,5 euro. E la Borsa, ieri per la prima volta, ha un po tirato il fiato, con Capitalia in flessione dello 0,6% a 7,86 euro e Unicredit in calo dello 0,8% a quota 7,51, con volumi ancora molto elevati.
Loperazione va invece messa a punto per quanto riguarda i riflessi su Mediobanca, dove sia Unicredito sia Capitalia detengono il 9,5%. Limpostazione di fondo sarebbe quella della cessione di un 9% (pari a circa una delle due quote), da offrire in opzione agli altri soci del patto di sindacato di Piazzetta Cuccia. Una strada che avrebbe però dei paletti: il primo riguarda i francesi, che non dovrebbero crescere, per mantenere inalterato il rapporto tra la loro quota (10%) e quella di Unitalia. Potrebbero invece salire gli altri azionisti industriali e forse anche Mediolanum. Mentre è da valutare il ruolo del Santander (oggi socio sia in Mediobanca sia in Capitalia). Mentre viene escluso un collocamento, anche parziale, della quota in vendita sul mercato. Salvo il possibile ingresso, marginale, di qualche nuovo socio nel patto. La partita è nelle mani di Profumo e Geronzi, che stanno gestendo in proprio loperazione, sentito Piergaetano Marchetti, presidente del patto, come garante delle regole del sindacato stesso.
Oltre alla sistemazione di una quota del 9% di Mediobanca, la geografia del nuovo assetto dovrà comprendere anche i ruoli delle persone. Soprattutto quello di Geronzi che, nonostante il freno, sembrerebbe coniugarsi perfettamente con il ruolo di prossimo presidente di Mediobanca, nella versione delle governance duale. Mentre Nagel diverrebbe il leader del consiglio di gestione.
Lunica alternativa possibile per Geronzi sembra quella delle Generali (che comunque Mediobanca controlla per il 14%). Ma per questa seconda ipotesi bisognerà trovare un accordo più complesso che si allarghi anche ai soci francesi di Mediobanca e ad Antoine Bernheim, oggi presidente del Leone.
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