Ma tutto sommato vivere 120 anni non sarebbe male

Caro dottor Granzotto, spiace che anche il nostro Giornale si sia accodato ad altri mezzi d’informazione nel propinarci bufale salutistiche, forse fidando sul fatto che il solleone, cuocendoci il cervello, liquefacesse anche il nostro buonsenso. Nella hit parade delle bufale colgo alcune perle. La prima: «Siamo tutti programmati per campare fino a centoventi anni (ciusca!). Ergo, diamoci da fare per attuare il programma». Siamo tutti programmati o lo sono solo alcuni superfortunati (ammesso che arrabattarsi per 120 anni sia una fortuna)? Secondo quanto riportato in questi giorni il segreto sta, come sempre, nel DNA: la longevità sarebbe scritta nei nostri geni. Dove stia la novità non riesco a capirlo, dal momento che anche mezzo secolo addietro si diceva che per vivere a lungo era importante scegliersi bene i genitori, ma lasciamo perdere. Fatto sta che questi Azzeccagarbugli della genetica sarebbero in grado di predire con circa il 75 per cento di probabilità (quindi con il 25 per cento di rischio di prender granchi) se sei programmato per arrivare a 100 anni o no. Chi volesse comunque assurgere a vette supreme di sopravvivenza, da questa estate ha un alleato in più: il «superpomodoro anti-vecchiaia». Scienziati di cui non riporto il nome per pudore (nei loro confronti) hanno scoperto che questo pomodoro da fantascienza (comunque non OGM, ci mancherebbe!) è in grado «di prevenire con efficacia malattie cardiovascolari, tumori, artrite, morbo di Parkinson». Probabilmente hanno dimenticato meteorismo e fischio all’orecchio... Ma veniamo al punto che più mi preme: la medicina quale strumento per sopravvivere, non per vivere bene. E il triste è che è questo che vuole il pubblico: abbiamo un tale terrore della morte che qualsiasi alternativa, anche la più scipita, ci pare attraente. Avevo sempre pensato che un buon medico, anche se laico, addirittura ateo, non poteva evitare di dirsi cristiano, perché aveva un obiettivo in comune con il Falegname di Nazareth o il Poverello di Assisi: dispensare Gioia di Vivere. Oggi, invece, assieme al colesterolo, agli zuccheri semplici e ai radicali liberi, al medico è richiesto di bandirla, la gioia di vivere. Se questa è la medicina del futuro, quasi non mi dispiace di essere arrivato agli sgoccioli della professione.
Casnate (Como)

Noi diamo notizie, caro Bigatello. È il nostro mestiere. E non mi verrà a dire che la fattura di un pomodoro altamente benefico (erbe, frutta, ortaggi, radici, succhi vegetali non sono sempre stati inclusi - e da millenni - nella farmacopea?) non è una notizia. Se poi, alla prova dei fatti, quel pomodoro si rivelerà una bufala e la tale università, il tale centro di ricerca ne darà conto, ne daremo ovviamente conto anche noi. Lo stesso dicasi della conclusione alla quale è arrivata le genetica e cioè che siamo programmati per campare a più non posso. Se a Federico II avessero detto: «Guarda che il corpo umano è strutturato per reggere bene anche fino a ottanta, novanta anni», lo Stupor mundi avrebbe risposto all’incirca come lei, caro Bigatello: «Ciusca!». Lasci dunque fare, lasci dunque dire: io sono ancora dell’opinione che sì, la missione di voi medici è di dispensare gioia di vivere (quando la prescritta pillola fa il suo effetto e l’emicrania passa, quella per me è gioia, è felicità allo stato puro), ma altri esigono un qualcosa che possa avvicinarsi alla vita eterna. Comunque, l’abolizione della vecchiaia: ed è ovvio che se si campa fino a 120 anni, a 90 s’è ancora giovanotti. O giovanottisti. Per ora gli aspiranti e le aspiranti tardo-giovanottiste ricorrono al bisturi e alla chimica deformandosi i lineamenti e ponendo capriate per contrastare il rilassamento cutaneo.

Visti i mostruosi risultati, io mi chiamo fuori, ma tutto sommato questa prospettiva dei 120 anni non è proprio da buttar via (a meno che, a 100 anni, non riattacchino con la chirurgia estetica per sembrar ottantenni).

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