
Lo schema Lilli Gruber è tanto semplice quanto consolidato: prendere un ospite considerato “di destra”, tramortirlo di domande e ospiti di sinistra e, ovviamente, evidenziare tutte le possibili differenze tra l’ospite in questione il governo guidato da Giorgia Meloni. Peccato che questo schema, questa volta, non abbia funzionato. Incalzato dalla Guber, infatti, Gianfranco Fini ha risposto puntualmente alle domande e ha promosso l’operato della premier. Ma non solo. Dopo l’ennesima domanda strumentale, il fondatore di An ha reagito infastidito.
“Lei si diverte a chiedermi semplicemente giusto o sbagliato, ma bisogna fare un’analisi”. “Perché è venuto in questa trasmissione?”, sbotta la conduttrice. “Perché lei mi ha invitato”, ha replicato subito Fini, “e io sono qui a dire quello che penso io, non quello che pensa lei. Ma la risolviamo dopo in privato…”. Un dibattito aspro che si conclude nella maniera peggiore. Fini apre il vaso di pandora e accusa la conduttrice: "Le sue non sono domande, perchè contengono tesi politiche, le stesse della sinistra. Legittime, ma non può dirsi super partes". Da qui la reazione stizzita della Gruber che chiede addirittura alla regia di chiudere il microfono all'ex leader della destra italiana.
L’ex presidente della Camera poi ha chiarito la sua posizione nel merito : “Sono pro al riconoscimento dello Stato palestinese, ma oggi sarebbe un gesto simbolico. Non c’è una leadership palestinese con cui Israele possa interfacciarsi. Non si possono liquidare questioni serie con alzate di spalle”, sottolineando la complessità del contesto internazionale."La destra non è mai stata contro il diritto dei palestinesi ad avere la loro patria, e Giorgia lo sa benissimo. Riconoscere lo stato palestinese è un dovere, ma attenzione al contesto in cui accade. Farlo in questo momento è un gesto fortemente simbolico. Ma attenzione a un possibile rimbalzo negativo di un provvedimento giusto", ha continuato Fini. "Su Gaza, che sia genocidio o strage di massa - ha poi sottolineato - non mi impicco alle parole, ma dobbiamo cercare di porre rimedio". E riguardo alla Flotilla, "non userei il verbo 'attaccati', era più un'azione di disturbo.
La loro è un'iniziativa umanitaria lodevole, ma chiaramente con insegne di tipo politico, e non ci trovo nulla di male. Aiutare è un dovere morale e politico. Non drammatizziamo tutto ciò che accade. Come i cortei, ci possono essere cialtroni".