Uccidere una ragazza perché sei drogato ti costa meno di 5 anni

Roberta stava tornando a casa, dopo una serata in pizzeria con gli amici. La laurea in tasca da poche settimane, e un nuovo lavoro da Decathlon. Tutto spazzato via. Tutto travolto da un’auto che viaggiava a 120 chilometri l’ora per le strade di Bollate, e che l’ha uccisa la notte del 31 ottobre dello scorso anno. Roberta Caracci aveva 24 anni. Al volante di quell’auto, un operaio - Alessandro Mega - che guidava sotto l’effetto di una «canna» e di un sonnifero. A distanza di poco più di un anno, è arrivata la sentenza. Mega è stato condannato con rito abbreviato dal gup Giuseppe Vanore a 4 anni e 8 mesi di reclusione. Non per omicidio volontario, come voleva la procura che aveva chiesto una pena di 9 anni e 4 mesi, ma per omicidio colposo. Una decisione che, per i genitori della ragazza, riapre una ferita. «Anche nei casi di tragica fatalità - spiega il loro legale, l’avvocato Simone Zancani - è difficile elaborare un lutto, ma così è molto più crudele».
Il pm Estere Nocera, titolare del fascicolo, ha già annunciato che farà ricorso contro la decisione del gup, che ha disposto un risarcimento provvisionale di 70mila euro per il padre della vittima, costituitosi parte civile. Vanore, poi, depositerà le motivazioni della sentenza tra 75 giorni. Solo allora si capirà per quale motivo il reato contestato a Mega è stato derubricato a omicidio colposo, seppure con l’aggravante della colpa cosciente, ossia dell’aver previsto la possibilità di causare un evento letale, ma di averla erroneamente esclusa confidando nella propria abilità alla guida. L’avvocato Zancani la spiega con un paragone. «Si pensi a un lanciatore di coltelli che esegue il proprio numero sotto l’effetto dell’alcol, infischiandosene delle conseguenze letali per il suo assistente». Così, secondo l’accusa, fece Mega.
L’operaio, però, ha raccontato di essere uscito precipitosamente di casa, salendo in auto anche se la patente gli era stata ritirata, per andare in ospedale a organizzare il funerale della mamma di un amico. Sulla strada, però, aveva travolto l’auto della 24enne, uccidendo sul colpo la ragazza. Le perizie disposte dalla procura hanno poi dimostrato che Mega aveva nel corpo tracce di Thc, il principio attivo dell’hashish, e di un potente calmante, lo Xanax, un medicinale che agisce sulla psiche, che ritarda sensibilmente i tempi di reazione e che - è scritto nel «bugiardino» - non dovrebbe essere assunto prima di mettersi alla guida. Per questo, il pm Nocera aveva formulato l’accusa di omicidio volontario con dolo eventuale, ovvero dell’essersi messo al volante in quelle condizioni accettando il rischio concreto di causare un incidente mortale. Così come è accaduto. E che Mega non fosse affatto un guidatore prudente, lo dimostra un’altra condanna (ora pendente in appello) a 4 mesi di carcere per guida in stato di ebbrezza e sotto l’effetto di stupefacenti.

La sentenza era stata emessa con rito abbreviato dal gup Stefania Donadeo lo scorso 12 ottobre per un accertamento risalente al 9 agosto 2008. Dunque, pochi mesi prima dell’incidente mortale. E in quell’occasione, il giudice aveva anche disposto la sospensione della patente per un anno. Un provvedimento che Mega non ha rispettato.

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