Uccidono un nero e la sinistra grida al razzismo (che non c’è)

L’alba di Milano può essere tragica, come quella di tutte le città italiane in cui si mescolano abitudini diverse e trasgressioni, piccole e grandi violenze che sempre più spesso si rivelano la trama della nostra quotidianità amara.
Padre e figlio badano a un camion-negozio che offre modesti conforti a viaggiatori nella notte: prostitute, viados, irregolari che tirano mattina. Sono sempre in allerta, perché la clientela non è finissima, hanno l’occhio lungo e l’abitudine a presidiare la loro roba con arcigna costanza, troppe sono le mani sgraffignine. Quando tre clienti si impossessano di pochi dolci, vanno in crisi. Pensano che oltre ai croccanti abbiano preso anche l’incasso e allora decidono di inseguire i ladruncoli. Li raggiungono, li incalzano e quando i presunti ladri reagiscono con un bastone loro rispondono con una spranga. Si spiega così l’omicidio di via Zuretti, uno spaventoso accidente di tensione metropolitana. Nessun omicidio è mai giustificabile ed è corretto che alla famiglia dell’africano diciannovenne rimasto ucciso siano giunte la solidarietà e il rammarico di rappresentanti delle autorità milanesi. Non si deve morire così, e per così poco. Quel che non è giusto né giustificabile è che su questo episodio si sia voluta costruire una rappresentazione d’indignazione politicamente motivata. In questi tempi cupi ci sono sciacalli o avvoltoi, scegliete voi, che fiutano la cronaca e la stravolgono, per ripetere le loro formulette virtuose e politicamente corrette. La tragica lite provocata da uno sciagurato episodio che i giuristi qualificano come “futili motivi” è diventata una manifestazione di razzismo. Già, perché la vittima era un nero, ma nessuno riflette sul fatto che la situazione fatale sarebbe stata la stessa anche se il ladruncolo fosse stato di Treviso o di Castrovillari.
Ma i falsi maestri di morale si scatenano. La senatrice del Pd Maria Pia Garavaglia si affretta a dichiarare alle agenzie di stampa che la morte del giovane africano possa essere riconducibile “con ogni probabilità” al colore della sua pelle.
Dàgli ai razzisti, anche se non ci sono. Il capogruppo del Pd, con scarsa originalità, segnala necessità di contrastare il razzismo e la cultura dell’odio. Ben detto, anche se c’entra poco con i fatti. A ruota Ferrero di Prc e Manuela Palermi del Pdci che annuncia, con riflesso pavloviano, una manifestazione di piazza. Anche Piero Fassino si adegua e snocciola una tirata contro il razzismo.
L’apoteosi dello sciacallaggio la raggiunge Walter Veltroni, che denuncia un «clima pesante, di odio». Veltroni ama predicare, parla di un «clima difficile che l’indifferenza, l’egoismo, le culture che hanno al centro la soddisfazione di desideri individuali hanno contribuito a formare».
Povero Veltroni.

Si ostina a descrivere un’Italia miserabile e barbara, nella quale la sua predicazione potrebbe avere un ruolo. Un’Italia feroce, razzista, spregevole. Che non esiste, ma Veltroni la sogna, nella speranza di crearsi un ruolo salvifico. Missione impossibile.

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