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Uccise la ex: Delfino se la cava con 16 anni

L’8 agosto del 2007 aveva ucciso l’ex fidanzata Maria Antonietta Multari di 32 anni, in mezzo alla strada, a Sanremo, con 40 coltellate. Ieri Luca Delfino, accusato di omicidio premeditato è stato condannato in primo grado a sedici anni e 8 mesi di carcere, più cinque anni da trascorrere in una struttura di cura. Il pubblico ministero Vittore Ferraro aveva invece chiesto la condanna all’ergastolo con isolamento diurno, ma il calcolo della pena, risultata alla fine molto più lieve delle richieste, è stato effettuato sulla base del rito abbreviato che il difensore di Luca Delfino aveva ottenuto per il proprio assistito. Il giudice ha accolto la tesi della difesa sul vizio di mente, preferendola a quella dell’accusa che ha ritratto l’imputato come una persona capace di intendere e di volere. Se la tesi del pm fosse stata accolta, seppur con il rito abbreviato, Delfino sarebbe stato condannato a una pena più severa, tra i 21 e i 24 anni di carcere.
Alla lettura della sentenza la mamma di Maria Antonietta, Rosa Tripodi, si è sentita male e si è accasciata a terra priva di sensi. Quando si è ripresa ha cominciato a ripetere «l’avete ammazzata due volte». Per precauzione è stato deciso il ricovero della donna in ospedale e lei ha chiesto di essere accompagnata con l’ambulanza della Croce Azzurra di Vallecrosia, dedicata proprio alla memoria della figlia. Rabbia anche per il papà della ragazza massacrata che, in lacrime, ha commentato che «bisogna farsi giustizia da soli, questa giustizia italiana è una vergogna».
Luca Delfino, sul quale pesa anche il sospetto dell’omicidio di Luciana Biggi, altra sua ex fidanzata, avvenuto a Genova nell’aprile del 2006, è stato sottoposto a diverse perizie psichiatriche che l’hanno riconosciuto come un soggetto pericoloso. In particolare, secondo l’esperto chiamato in causa dal tribunale di Sanremo, che ha incontrato Delfino quattro volte e lo ha sottoposto a diversi test, il giovane è affetto da «un gravissimo disturbo misto di personalità in cui predominano tratti borderline, paranoidei, antisociali, narcisistici e sadici».
Non una malattia psichica, bensì un vizio parziale di mente. Il professor Graziano Murgia nella perizia ha concluso che Delfino «aveva una capacità di intendere e di volere grandemente scemata, ma non esclusa, abbinata a una pericolosità sociale di lunga durata».
Nell’arringa difensiva l’avvocato di Delfino, Riccardo Lamonaca, riferendosi alle perizie aveva parlato a lungo di «questo gravissimo disturbo di personalità che governa tutta la vita di Delfino... Nella mente di Delfino ci sono pochissime cose buone e tante cattive. Assoluta è la pericolosità sociale... (il perito, ndr) non ritiene che una malattia del genere possa essere curata».

Però Delfino, a meno di colpi di scena nell’appello, tra poco più di sedici anni sarà di nuovo libero.

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